Antologia Poetica "Omaggio ad Alda MERINI

Sento il dovere morale di dedicare alla vate dei Navigli un'antologia poetica con la partecipazione di artisti e poeti ammiratori ed estimatori di Alda. Pippo

A presto i dettagli.

Complimenti per l'iniziativa....un caro saluto da Cettina

La copertina di questa nuova Opera è di Carlo Puleo :


http://artevizzari.italianoforum.com/pittura-f6/carlo-puleo-t118.htm#9511

Antologia Poetica
a cura di Giuseppe La Delfa


Omaggio ad Alda Merini


quadro a olio di Carlo Puleo
foto di Giuliano Grittini manager della Merini


sillogi di 15 poeti



Tipografia Kromatografica


BOZZA

Cari forumisti , vi aggiorno la copertina aggiornata ad oggi con i partecipanti


In memoria di Alda Merini

Antologia Poetica

a cura di Giuseppe La Delfa




La vate dei navigli in
quadro a olio di Carlo Puleo

Interventi di

Gepy Armata Rubino Giuseppe La Delfa Rosanna Pistritto
Evelina Barone Maria C. Liggieri Carlo Puleo
Lucia Campisi, Silvana Mangiafico Giuseppe Sammartino

Nicola Garozzo Gero Miceli Pino Tamburella
Enza Giuffrida Federica Pistritto Benito Truden














Siracusa 2010


BOZZA DEFINITIVA
.

Cari forumisti , ecco a voi la prima parte della prefazione inserita nell'antologia poetica in memoria della Merini in corso di stampa. Giuseppe La Delfa

Biografia di una psiche. Ripensando ad Alda


Ad un mese dalla sua scomparsa mi piace ricordare l’esistenza superiore e il genio sublime di Alda Merini. La sua naturale capacità di far coincidere poesia e vita. La sua naturale capacità di arrivare al sacro in maniera limpida e diretta tramite le vie tortuose di una trasgressione mirabile e argentea. Una continua pietra di inciampo, una segno di contraddizione per tutti coloro che sono abituati a ragionare secondo un tracontante, quanto inefficiente buon senso e che godono nell’inventiariare il mondo fissando tutto in categorie precostituite, aride, infeconde.

Alda era possedeva una energia trascinante, scaturita da una psiche strapazzata dal dolore e dalla nebbia, una psiche dentro cui è contenuta la vera biografia di questa donna e di questo poeta capace di parlare a tutte le generazioni e a tutti i livelli, ai dotti e al popolo.

La vera biografia di Alda non è contenuta solo negli eventi che possiamo storicizzare e calendarizzare richiamando la giovinezza in cui a soli 16 anni comincia a scrivere e si vede pubblicata nell’antologia di Spagnoletti, la fase dell’internamento nel manicomio e quella posteriore in cui ricomincia a scrivere divenendo un vero e proprio mito poetico. Quella vita non sta negli eventi estrinseci, ma nei momenti che hanno un significato più profondo, nei vari “kairòs” in cui la sua energia vitale riusciva a sintonizzarsi con una energia mistica e musicale da cui promanavano melodie pregne di riflessioni, di compassione, di trasalimento.

Di questa mia idea, e cioè che la vita di Alda Merini è la vita di una psiche che non si può comprendere a partire da calendari esterni, è confermata dalla sua agenda speciale, tanto segreta quanto pubblica.

In realtà Alda Merini non aveva un’agenda nel senso di un libro in cui fossero elencate e catalogate le persone con i loro relativi numeri. Aveva un’agenda molto grande le cui pagine erano le pareti di casa e il cui ordine era quello del caso misto a quello del cuore. Nelle ampie, grandi pareti veniva scritto il proprio numero e il proprio nome come se fosse un personale battesimo della poetessa, un entrare a far parte del proprio mondo intimo, del filo ininterrotto delle proprie quotidianità. E in quelle pareti tu eri presente nella mente della poetessa con una concretezza davvero paradossale.

In una delle lunghe conversazioni lei decise di scrivere il mio numero, di conservarselo da qualche parte. Bisognava trovare uno spazio libero in qualche muro della casa. Eravamo nel salone e lei si girò di spalle e scrisse il mio recapito col cognome nella parte del salone dove era collocato il pianoforte sul quale soleva suonare qualche volta, con talento.

La ostensione dell’agenda non precludeva una certa privacy. A volte c’erano solo numeri e solo lei sapeva a quale persona corrispondessero.

Costanzo ,Mollica, Casiraghi, Grittini , La Delfa, Nuti, Milva. Molti numeri erano scritti sopra il capezzale della stanza da letto. Lei stava spesso a letto. Sdraiata su un ammasso di coperte e lenzuola consunte come in una lussuosa dormeuse. E in quella posizione da Nouvelle Olympia di Manet, senescente quanto misteriosamente seducente, assumeva una compostezza fascinosa, una postura buffa, ironicamente oracolare, una grazia accogliente e serena, una confidenzialità esigente e materna.

Fine prima parte

Andrea Velardi docente Università Messina e Roma

Seconda parte della prefazione del docente Universitario Prof. Andrea Velardi

Mentre ti parlava e intercalava con il solito “Che ne pensi? Che ne pensi?” le sue riflessioni incantatrici, teneva in mano l’ immancabile sigaretta e spesso si interrompeva, prendeva la cornetta del telefono e chiamava subito chi voleva senza bisogno di affannarsi a rovistare pagine e numeri.
A tutti noi questo procedimento appare folle. La nostra logica e la nostra cultura sono condizionate dalle pratiche cui siamo abituate e che a volte consideriamo una legge universale, un bene assoluto e supremo. Eppure l’agenda di Alda è frutto di una logica e di una naturalezza stringente. Quale agenda migliore delle pareti di casa che non devi sfogliare, in cui hai scritto i nomi a caratteri grandi, compatibili con il calo della vista, personalizzati dal fatto di avere prescelto per ognuno un luogo particolare all’interno di un spazio molto familiare come la casa?
I numeri erano a portata di mano e di occhio. La vista, il cuore, aiutavano la memoria e la lettura.
Devo dire che per professionalità, per amicizia e per somiglianza, ai miei occhi tutto quello che Alda faceva mi appariva normale. Normale dentro una prospettiva che non rinnegava la dittatura del senso comune. Mi appariva normale sia dal punto di vista psicologico che empatico. E’ vero che cercavo di vedere tutto con il suo sguardo e di comprenderlo senza scompormi mettendomi nei panni dell’artista e della donna “diversa”, della “pazza della porta accanto”. Ma anche dal punto di vista logico trovavo che alcune sue azioni e comportamenti avevano delle loro ragioni profonde, non assimilabili a quelle delle pratiche stereotipate e consolidate della società, alle percezioni ordinarie e piccolo-borghesi. Ragioni di una normalità superiore che andavano al di là trovando in un altro livello di ragione la loro ammissibilità e comprensibilità.
In questo senso trovavo come fossero giuste le analisi di alcuni filosofi, come Wittgenstein e Foucault, sul senso nascosto dentro certi comportamenti folli. Il percorso con cui si segue una regola può avere una sua logica inappuntabile anche nella follia come insegna Antonino Pennisi nella sua psicopatologia del linguaggio. Per questo uno schizofrenico ha potuto regalare per Natale al padre, malato terminale, una bara, posta sotto l’albero come segno di affetto e di premura. Anche se ci appare folle, questo gesto nasconde una logica segreta: niente di più stringente della conseguenza di “regalare una bara” nel sillogismo che ha come premessa “mio padre è malato e sta per morire”.
Certamente Alda non arrivava a questa logica cinica e fredda della follia, perché possedeva dentro di sé una umanità piena di classe e di eleganza, piena di fremito e di trasporto. La sua logica era costantemente una logica di follia empatica, passionale, amorosa.
Ecco perché il manicomio è stato per lei, e può essere per noi, una vera e propria scuola.
Merini era profondamente legata a quell’esperienza. Ne sono stato testimone diretto grazie all’amicizia profonda che mi legava alla poetessa dei Navigli e grazie al conferimento della laurea honoris causa da parte dell’Università di Messina fortemente voluta dal Preside Antonino Pennisi e da me.
Portare Alda alla cerimonia non fu facile. Merini era molto attaccata alla sua casa di Ripa di Porto Ticinese sui Navigli. Lo esprime in modo chiaro nel bellissimo testo raccolto da Michela Proietti: “Il poeta è sempre in vacanza. Ed è contro le vacanze. Per questo, anche d' estate rimane in città. Alle ferie d' agosto preferisce le passeggiate languide lungo i canali. Piuttosto che in un confortevole albergo ama riposarsi nel disordine di casa sua. Le vacanze le trascorro da sempre nella mia casa sui Navigli, rimpiangendo Patty Pravo e ascoltando «Mille lire al mese». In quale posto potrei stare meglio che qui? Tra queste mura sono nati i miei figli e le mie poesie.
fine seconda parte(segue)

terza parte della prefazione del prof. Andrea Velardi


Sono un eremita nata, la casa è il mio rifugio. Ho sempre sognato di vedere un giorno, attaccata fuori dalla porta, una targhetta con su scritto: «Qui è nata e vissuta Alda Merini». Sarei stata più felice solo se a questa casa avessero lasciato la vecchia muffa, le pareti scrostate, il suo passato. Invece anche qui hanno passato la vernice nuova e i vicini di un tempo non ci sono più. Ora ho una casa tutta «leccata», senza raucedini. Intorno a me neanche un colpo di tosse catarrosa, solo giovani belli e intelligenti. Neanche un cretino. D' estate, poi, tutti via. A farmi compagnia rimangono i preti giovani e bellissimi che passano tutti i giorni a trovarmi. Mi regalano felicità e impulsi creativi, con il caldo l' ispirazione si affievolisce. Esco di rado, per andare al Duomo o davanti al Castello Sforzesco. Rimango lì per ore e ore.
Sono un cuor contento, mi basta stare qui con dieci ventilatori a guardare i miei Navigli. Il mare lo vedo in televisione e mi piace molto. Non so nuotare, mi sarebbe piaciuto imparare. Alle spiagge assolate ho sempre preferito la montagna. Ho fatto qualche scarpinata in Val d' Aosta, sono una provetta scalatrice. Ma ogni volta che sono partita ho sognato la mia città. E' bellissimo tornare a Milano, di notte. Si potrebbe lasciarla per sempre solo per andare in Paradiso. Ma forse desidererei, anche da lì, la mia casa.
Pur sapendo di questa dimensione intima della sua vita, di questo rifiuto a sradicarsi, sapevo che era assolutamente necessario per Alda Merini venire a Messina per la cerimonia. Per consegnare questo titolo ci vuole la presenza fisica di chi viene insignito. Alda doveva esserci a tutti i costi.
Come si può immaginare lei non amava lasciare la sua casa. Andai a Milano tre giorni prima per starle vicino e cominciare ad abituarla all’idea di partire.
Con mia sorpresa a darmi una mano d’aiuto erano i fan siracusani capeggiati dall’infaticabile Giuseppe La Delfa che aveva smosso perfino Dario Fo per proporre Alda per il Nobel e aveva costituito un comitato.
Il viaggio verso Messina fu un alternarsi di tristezza e forza, di melanconia ed effervescenza.
Quando scendemmo a Catania ci fu una forte raffica di vento. Lei si sentì colpita come da uno schiaffo e gridò. Durante il tragitto scoppiò in lacrime. Ripensava al suo destino, alle sue amarezze. Si sentiva sradicata. Io l’accarezzai e la confortai: “Alda devi essere contenta. Sei qui per ricevere un grande riconoscimento. Qui in Sicilia ti vogliono un gran bene. Sei nella terra del tuo Quasimodo, è come se lui ti volesse premiare”. “Ma che ne sai- sobbalzò- sembra che tu abbia vissuto la mia vita da come parli”. Mi chiese l’età e mi apostrofò: “Io a trent’anni ero già in manicomio e tu invece ancora in giro per strada!”.
Il manicomio per Alda era stato davvero una scuola, una accademia speciale della follia vissuta come ragione segreta, nascosta, iniziatica. Non si possono non ricordare i versi in cui lei dichiara: “Il manicomio è una grande cassa/ di risonanza/ e il delirio diventa eco/ l'anonimità misura, / il manicomio è il monte Sinai …. su cui tu ricevi /le tavole di una legge / agli uomini sconosciuta./”
Quando il Rettore le consegnò la pergamena riaffermò l’orgoglio di questa appartenenza: “Il manicomio ha premiato la mia parte malata, oggi l’Università premia la mia parte sana”.
Quella mattina del 16 ottobre 2007 l’aula magna era strapiena. Nel pomeriggio al posto della tradizionale lectio magistralis, tenemmo una conversazione sulla sua vita, una riflessione a due scandita dal canto dei fratelli Mancuso. Ricordo la sua tenacia. Interpretò quel dialogo come una sfida. Fece uscire tutti gli aspetti volitivi e caparbi del suo carattere. “Proserpina lieve” si trasformò in una tigre che graffiava e sbranava stereotipi, luoghi comuni, fiabe mediatiche e livellamenti.
Confermando nei gesti il senso di alcune sue riflessioni: “Ho le stigmate e da sempre,
da quando cioè ho peccato
contro la dura sorte
con un momento d’amore
[…]
dentro le mie turgide mammelle
che da sempre allattano gli angeli
da quando io fui generata”
E ancora Se qualcuno cercasse/ di capire il tuo sguardo/ Poeta difenditi con ferocia:/ il tuo sguardo son cento sguardi/ che ahimè ti hanno guardato/ tremando.
Insieme a questa oracolare e orfica lontananza c’erano in lei continue accensioni capaci di catturare il senso e trasportarlo in una musica incantatrice. Come ha detto Giovanni Raboni “tracce di ustioni angeliche o sulfuree, piaghe inguaribilmente profumate e gloriose segnano da un capo all’altro-dalle limpide prove giovanili sino ai testi sconnessi e struggenti degli ultimi anni-la poesia di Alda Merini”.
Ne era prova quel suo tendere all’oralità nella poesia, il saper dire colmo del calore estemporaneo del “kairòs”, più che il voler scrivere in maniera compiuta e ricercata. Una sera di quei tre giorni mi detto questa poesia:

Fine terza parte (segue)

quarta parte della prefazione


Lui ha rovinato la vita di un poeta.
Lui ha recitato romanzi inutili
al posto di altissime canzoni.
Lui ha toccato i suoi piedi freddi
e l’ha fatta urlare di spavento
mentre intorno a lei urlavano
dispersi i suoi quattro figli rapiti.
Quello che ho patito lo hanno
sentito i miei figli.
E’ questo è un peccato mortale.

In un modo più personale voglio dire che Alda Merini ci manca davvero tanto. Soprattutto mi mancano quelle lunghe e straordinarie telefonate in cui si riusciva a parlare di cose quotidiane e alte, trasformando il mezzo di comunicazione più episodico ed estemporaneo in un viale dove scorreva piana e ondosa una conversazione filosofica.
Dopo il funerale di stato tra noi amici presenti al cimitero monumentale di Milano si è sussurata una frase: Da viva ci teneva per sé con grande gelosia, ora che se n’è andata ci ha uniti tutti con un pathos irresistibile. E’ vero. Giovanni Nuti, Giuliano Grittini, Giuseppe La Delfa sono una testimonianza di questo legame costruito attorno alla vita della nostra indimenticabile poetessa. Oggi Musa che aggrega altri poeti e suscita antologie come questa partecipate da tanti altri discepoli di Orfeo.
Una antologia curata da Giuseppe La Delfa che è un vero antidoto contro la melanconia e che ha legato Alda Merini alla Sicilia come nemmeno Quasimodo aveva saputo fare.
Di recente aveva detto: “Ringrazio ancora una volta la Sicilia , le città di Messina e Siracusa che mi ricordano con vero piacere nelle loro cerimonie. Peccato non poter tornare nella vostra bella terra e godere altre giornate memorabili. Qui a Milano il freddo e la nebbia rattristano anche i poeti”.
Peccato per noi non poterti più ascoltare oracolo indifeso! Siamo noi che senza di te avvertiamo anche in Sicilia la tristezza del gelo del Nord.



Andrea Velardi insegna Psicologia Cognitiva e Filosofia dei processi cognitivi presso l’Università degli Studi di Messina. Incaricato di Linguistica Generale presso l’Università degli Studi di Roma Tre.
E’ collaboratore straniero del Centre for Learning and Working Memory della Università di York (UK) diretto dal prof. Alan Baddeley e visiting fellow presso la City University of London (UK).
Scrive sulle pagine della cultura e dei libri de Il Messaggero e tiene la rubrica Scrittori e Poeti nella edizione siracusana de "La Sicilia".

FINE

ALDA MERINI NEL CUORE DEI SICILIANI

Nasce “In memoria di Alda Merini”, un’antologia curata da Giuseppe La Delfa, scrittore, poeta, giornalista, in collaborazione con un gruppo di poeti siciliani.


Una vita d’inferno, un grido a lungo disperso s’una strada deserta e scolorita. È la storia di una donna ingiustamente punita dal fato, finita sin da giovane tra le braccia di un manicomio; luogo ove egli stessa, dotata d’una forza certamente non terrena, si è saputa destreggiare, sapendo cogliere, inverosimilmente, un lato filosofico e intrinseco, ricognitivo e fortemente introspettivo, riuscendo a divenire ottima argonauta di se stessa, trasformando il suo itinerario melanconico in una vera e propria scuola di pensiero e forza, la cui via crucis ha acuito, forse, il suo spettro geniale ed intimo di cui oggi siamo a conoscenza.
Sulla base di questo costrutto, l’operatore culturale Giuseppe La Delfa inizia da tempo ad interessarsi della vita e dello spessore poetico di questa nostra artista del 900, tanto che si prodiga affinchè l’ambiente culturale letterario italiano, s’interressi maggiormente della stessa e le dia il dovuto riconoscimento. L’Università di Messina, dietro forte interessamento della suddetta persona, al contrario della sua città natale, le attribuisce la laurea ad Honorem; evento che verrà visto dalla Vate dei Navigli come uno fra i più incisivi degli ultimi periodi della sua vita, e che fa entrare i siciliani nel cuore della stessa poetessa.
Dopo l’evento della sua scomparsa, Giuseppe La Delfa ha dimostrato ancora una volta interesse e affetto per la “principessa di porta ticinese”, dedicandole un’antologia in sua memoria.
Hanno collaborato alla stesura del libro , oltre a vari personaggi a lei vicini, un corollario di poeti, con le loro dediche e le loro liriche; il cui contenuto conduce il lettore in un mondo intermedio ed elevato in cui la fantasia s’incontra con l’utopia, a cui la stessa Merini è appartenuta; un mondo in cui, poetessa cosi come gli altri, ha immortalato gioie e pianti, paure e sogni. Cosi la sua poesia, un’ iperbole di vita e di passione, il cui sacro ed ingente rifugio, rimarrà per sempre nella memoria dell’uomo.


Federica Pistritto

A Siracusa l’amore per i versi di Alda Merini ha fornito le ali alla poesia di tanti suoi amici poeti, rimasti “orfani” della “poetessa dei Navigli”. L’entusiasmo di Giuseppe La Delfa ha unito quattordici estimatori della lirica meriniana, per onorare una delle maggiori voci poetiche del Novecento e dei primi anni del Duemila.
Ė nata così lo scorso gennaio, come gesto d’amore, l’Antologia Poetica curata dal giornalista La Delfa, siracusano di adozione che ha reso protagonisti di quest’opera i componimenti di uomini e donne della nostra terra, che hanno voluto esprimere stima e gratitudine per quanto la Merini ha donato, “attraverso la più alta e nobile espressione dell’animo umano qual è la poesia”.
I quattordici poeti dell’Antologia sono: Gepy Armata Rubino, Lucia Campisi, Nicola Garozzo, Enza Giuffrida, Giuseppe La Delfa, Maria Carmela Liggeri, Silvana Mangiafico, Gero Miceli, Federica Pistritto, Rosanna Mistretta Pistritto, Carlo Puleo, Giuseppe Sammartino, Pino Tamburella e Benito Truden: un mosaico di umanità che riflette sui volti della vita.
La pubblicazione offre al lettore anche la bella prefazione di Andrea Velardi, docente all’Università di Messina, che ha evidenziato come Alda Merini da viva teneva per sé, con grande gelosia, gli amici ed ora che se n’è andata, unisce tutti “con un pathos irresistibile”.
Questi amici costituiscono una testimonianza di questo legame costruito attorno alla vita dell’indimenticabile poetessa, ”oggi Musa che aggrega altri poeti e suscita antologie, come questa, partecipate da tanti altri discepoli di Orfeo”. Un’antologia - osserva il Velardi - che è “un vero antidoto contro la melanconia” e che rinnova il legame lirico di Alda Merini con la Sicilia.
La silloge poetica è ora affidata alla sensibilità del vasto pubblico dei figli del tempo. La Merini ben conosceva quanti “fanno guerra alla poesia con la loro notturna ignoranza tenebrosa…”. Nonostante ciò, la poesia continua ancora ad essere proposta con amore, come dono da condividere e vivere.
Gianni Failla



Antologia Poetica

A cura di Giuseppe La Delfa
Pagine 95,

Complimenti al nostro Pippo per la splendida realizzazione ...



e per la stupenda recensione del grande Gaetano Quinci







http://giufino.altervista.org/AntologiaPoeticaMemMerini.htm


al link

Nel mese di gennaio 2010, a cura del poeta - scrittore Giuseppe La Delfa, è stata pubblicata l’antologia poetica in memoria di Alda Merini, la Vate dei Navigli, quale “ atto di amore di 14 suoi estimatori” che con le loro poesie hanno voluto porgere l’estremo saluto ad una delle poetesse più significative e di maggiore valore artistico del Novecento e dei primi anni del duemila.

L’antologia si pregia della presentazione di Giuliano Grittini, il bravo artista grafico di Milano che è stato accanto alla Merini fino all’ultimo dei suoi giorni. Grittini ci ricorda che per la Merini “ la poesia non è quasi mai stata un lavoro di passaggio ma una vita da vivere dedicandole tutta se stessa e sacrificando a volte anche l’amore per le persone vicine”. A suo dire “ le persone hanno imparato ad amarla attraverso i suoi libri e qualche volta a costruire un mito” e in questa antologia “ tanti amici ora scrivono per Lei, per ricordarla e tenere viva la sua grande Poesia”.

Andrea Velardi, docente di psicologia cognitiva e filosofia dei processi cognitivi presso l’Università di Messina e incaricato di linguistica generale presso l’Università di Roma 3, è l’autore della bellissima prefazione psicanalitica dal titolo evocativo di “Biografia di una psiche. Ripensando ad Alda”, con cui, ad un mese circa dalla morte della poetessa, ci ha voluto “ricordare l’esistenza superiore e il genio singolare di Alda Merini. La sua naturale capacità di fare coincidere poesia e vita. La sua naturale capacità di arrivare al sublime e al sacro tramite le vie tortuose di una trasgressione terrena e fiabesca”. Per il Velardi “ Alda possedeva una energia trascinante, scaturita da una psiche strapazzata dal dolore e dalla nebbia, una psiche dentro cui è contenuta la vera biografia di questa donna e di questo poeta capace di parlare a tutte le generazioni e a tutti i livelli, ai dotti come al popolo”. La Merini, secondo il professore Velardi,“ci manca davvero tanto” e questa antologia curata da Giuseppe La Delfa è “un vero antidoto contro la melanconia e che ha legato Alda Merini alla Sicilia come nemmeno Quasimodo aveva saputo fare”. La Merini, a dire di Velardi, è “oggi Musa che aggrega altri poeti e suscita antologie come questa partecipate da tanti altri discepoli di Orfeo”. Una prefazione che, come scrive il noto scrittore e critico letterario Gaetano Quinci in una affettuosa lettera del 7 marzo 2010 a Giuseppe La Delfa, “ha saputo cogliere con una sottigliezza e semplicità ammirevoli il significato profondo di una esistenza umana e letteraria che è riuscita a farsi voce e riflessione della propria inquietudine. Ha saputo decifrare, con naturalezza, le anomalie, i vuoti, le esaltazioni e i tonfi di una solitudine psicologica più che sociale, comportamentale più che poetica”.

Sono 14 i poeti che Giuseppe La Delfa,, compiendo un miracolo di vera maestria, ha saputo magnificamente unire in un indissolubile legame artistico ed umano a memoria perenne di Alda Merini, dallo stesso definita, nell’antologia poetica “ Vivaio di Emozioni”, “ grandissima poetessa e donna straordinaria”.

L’antologia in memoria di Alda Merini contiene 102 poesie, oltre a 5 della Vate dei Navigli, di cui una inedita, da Lei il 24 dicembre 2007 dedicata al curatore La Delfa dal titolo “Giuseppe”, ove la poetessa, con struggente dolore, denuncia che “tutti fanno guerra alla poesia con la loro notturna ignoranza tenebrosa… perché la poesia non piange più e non sa essere felice”.

Ricordiamo brevemente gli autori delle 102 liriche: Gepy Armata Rubino, poetessa e pittrice, vive ed opera a Siracusa; Lucia Campisi di Siracusa, poetessa in vernacolo e in lingua; Nicola Garozzo di Misterbianco, già commercialista e consulente del lavoro, con un passato di giornalista e di eccellente sportivo; Enza Giuffrida, scrittrice e poetessa, che ama tradurre in disegni le sue sensazioni; Giuseppe La Delfa di Assoro, da parecchi anni residente a Siracusa, brillante giornalista pubblicista, poeta-scrittore e drammaturgo; Maria Carmela Liggieri, docente e studiosa di filosofia e scienze sociali, specializzata nel ramo fenomenologico delle suddette scienze; Silvana Mangiafico di Floridia, dal 1966 vivente a Canicattini Bagni, docente in pensione e con la passione per la poesia, il teatro e la pittura;Gero Miceli, autore della preziosa dedica ad Alda Merini; Federica Pistritto di Siracusa, che sin dalla più tenera età ha avuto propensione per la poesia; Rosanna Mistretta Pistritto di Casteltermini, appassionata alla lettura dei versi e alla declamazione poetica sin dall’adolescenza; Carlo Puleo di Bagheria, già titolare della cattedra di pittura nelle scuole regionali d’arte, affermato scultore e pittore di fama internazionale; Giuseppe Sammartino, più volte Sindaco di Leonforte, già collaboratore di testate giornalistiche e attualmente responsabile per la redazione ennese del quotidiano cataniaomniaonline, nonché dirigente scolastico presso il liceo linguistico Martin Luther King di Agira; Pino Tamburella di Assoro, poeta in lingua e in vernacolo, attore per hobby; Benito Truden, nativo di Palermo, che vive a Siracusa dal 1962, dove esercita la professione di sociopsicologo e di psicoterapeuta. E’esperto di canto gregoriano e direzioni di cori, nonché professore a contratto di sociologia generale presso l’Università di Messina.

Giuseppe Sammartino

Recensione
Antologia poetica in memoria di Alda Merini
Sa cura di Giuseppe La Delfa

“Poeta che cerchi? / Regali sogni a chi divertito ti commisera / … intrecci spighe e rose ferendoti le dita/… di solitudine ti struggi, / solo per una goccia di cielo “ .
Forse in queste parole dell’artista poeta Carlo Puleo è racchiusa la chiave nonché la sintesi in grado di compenetrare il senso della poetica di Alda Merini e di questa silloge intitolata alla sua memoria.
Il volume è a cura di Giuseppe La Delfa , la presentazione di Giuliano Grottini e la presentazione di Andrea Velardi , sinceri amici della vate milanese.
Pubblicata a pochi giorni dalla morte di Alda , questa antologia poetica vuole essere “un atto d’amore , “un omaggio sussurrato dal cuore “ , di alcuni tra i numerosi estimatori della”vate dei navigli” , poetessa e donna straordinaria”.
L’iniziativa è lodevole perché sottopone all’attenzione dei lettori la vita di una poetessa, che sebbene grande e straordinaria , viveva in condizione misere e di non pochi stenti , di fronte all’indifferenza di molti e al disinteresse di Enti ed Istituzioni pubbliche.
L’antologia raccoglie i versi dei poeti :
Gepy Armata Rubino, Lucia Campisi, Nicola Garozzo , Enza Giuffrida, Giuseppe La Delfa , Maria Carmela Liggieri , Silvana Mangiafico , Gero Miceli , Rosanna Ristretta, Federica Pistritto , Carlo Puleo, Giuseppe Sammartino, Pino Tamburella, Benito Truden , e custodisce alcune poesie inedite della stessa Merini.
“…cantavo in un’orchestra /che non aveva voci./
Ho meditato a lungo sul silenzio; … le mie poesie le ho buttate: non avevo fogli su cui scriverle. Eppure qualcuno mi ha guardato e mi ha aiutato a sentirmi unica”.
Nel 2009 a Siracusa, grazie all’interessamento del poeta Giuseppe La Delfa , Alda Merini ha ottenuto il prestigioso premio Internazionale Sicilia “Il Paladino “ , ha ricevuto la Laurea Honoris Causa dall’ateneo messinese ; ha ottenuto la tessera di socia onoraria dell’Associazione Nazionale poeti e Scrittori d’Italia e dell’Associazione MarranzAtomo di Catania, sempre su interessamento del suo fan La Delfa . Candidata tre volte al premio Nobel per la letteratura , oggi Alda Merini viene ricordata come una delle maggiori voci poetiche del 900 e apprezzata per la sua poetica ardente e intensa.

Vito Tartaro

Ramacca (CT) 10-10-2010

era questa l'Antologia della quale parte del ricavato l'hai devoluto ai bambini disagiati di Giampilieri? ...

Sicuramente sì ... la prossima Antologia su Teocrito , che uscirà per fine mese, parte dei proventi saranno devoluti ai bimbi poveri di Siracusa . PIPPO