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identità delle lingue siciliano, calabrese e salentino
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FORUM - SEMINARIO di ARTE e POESIA - LINGUA SICILIANA :: LINGUA SICILIANA :: Varie Lingue, Dialetti e Tradizioni
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identità delle lingue siciliano, calabrese e salentino
4. Il Siciliano parlato in Calabria e nel Salento? E' lo stesso problema del Catalano e del Valenziano! E' bruttissimo dire che nella Calabria Meridionale si parla il siciliano, si parlerà piuttosto il calabrese; però purtroppo lo dicono la maggior parte dei linguisti; e, in effetti, dal punto di vista linguistico la Calabria è divisa in due, così come la Puglia, per cui non si può parlare di calabrese, caso mai di calabrese centro-meridionale e calabrese settentrionale. Ma che senso avrebbe definire con lo stesso tèrmine ("calabrese") due lingue completamente diverse (quello meridionale e quello settentrionale)?!? Per tale ragione la maggior parte dei linguisti tende a definire siciliano (una variante del siciliano, per la precisione) anche il calabrese centro-meridionale. Dal punto di vista linguistico è corretto dare lo stesso nome alle parlate della Calabria meridionale e a quelle della Sicilia; dal punto di vista "politico" forse sarebbe meglio inventarsi un tèrmine nuovo che non sia nè "siciliano", né "calabrese", così non si offenderebbe la sensibilità e il giusto senso di appartenenza regionale di nessuno. E' un pò quello che è successo con il gruppo linguistico che include, a parte il calabro-siciliano, anche il salentino: molti linguisti lo definiscono "meridionale estremo". Non so di che parte della Calabria tu sia, però ti posso assicurare che quando vado nella provincia di Reggio sento parlare come nella parte nord-orientale di Sicilia; questa parlata chiamiamola come vogliamo ma è la stessa che possiamo trovare nei classici siciliani (e la adoro: per certi versi è il vero siciliano, nulla a che vedere, per esempio, con il dialetto palermitano, lontano mille miglia dalla lingua colta siciliana). Io sono una degli amministratori di questa wikipedia: già da tempo avevo in mente di coinvolgere i nostri fratelli della Calabria meridionale in questo progetto. Non so se prima del mio arrivo c'è stato qualche contatto; il tuo intervento potrebbe accelerare lo sviluppo di questa idea. Sinceramente, tu che ne pensi? (ma prima dimmi se parli calabrese meridionale o settentrionale, sennò faremmo un pasticcio... anche se la "e" finale che usi quando scrivi "calabrise" mi fa pensare che non sei della provincia di Reggio...). Concretamente mi piacerebbe mettere una nota nella pagina principale relativa al calabrese meridionale, mi piacerebbe spiegare che chiamare lingua siciliana quella usata qui è una convenzione linguistica e non ha nulla a che vedere con la politica e con la geografia, che alcuni linguisti la chiamano "calabro-siciliano", etc. etc. La lingua è cultura ed avere la stessa lingua è avere la stessa cultura; noi, siciliani e calabresi centromeridionali, ma anche salentini, corsi meridionali e gadduresi, fratelli nella lingua e nella cultura, cerchiamo di avvicinarci sempre più: so che è utopia, però sarei felice se un giorno tutti questi popoli potessero dire di parlare una sola lingua che non si chiami né siciliano, né calabrese, nè salentino, né corso suttanaccio, né gaddurese; ma, fondamentalmente, è la stessa. Salutamu.
Giusi Di Tona - Palermo
http://scn.wikipedia.org/wiki/Discussioni:Lingua_siciliana
Giusi Di Tona - Palermo
http://scn.wikipedia.org/wiki/Discussioni:Lingua_siciliana
Re: identità delle lingue siciliano, calabrese e salentino
Da una intervista la prof. Gian Luigi Beccaria
In Italia da molti anni è in corso un acceso dibattito fra i fautori dei dialetti e chi li avversa. Diciamo subito che dal punto di vista linguistico i dialetti italiani e la lingua nazionale sono sullo stesso piano: entrambi hanno avuto la stessa 'nobile' origine, cioè il latino. Non è vero che i dialetti sono una corruzione dell'italiano. È vero invece che italiano e dialetti hanno un diverso ruolo sociolinguistico: il primo è la lingua della comunicazione all'interno della Repubblica Italiana (e della Repubblica di San Marino e nel Canton Ticino elvetico); i secondi hanno uso più limitato, in qualche caso si limitano all'uso familiare.
Perché il toscano ha avuto più fortuna?
Perché ragioni culturali, storiche, economiche ecc. hanno fatto sì che la formidabile produzione letteraria del Trecento (Dante, Petrarca e Boccaccio) sviluppatasi in Toscana venisse diffusa in gran parte della Penisola. Così autori non toscani quali il napoletano Sannazzaro e l'emiliano Boiardo scrissero in toscano.
Poteva andare diversamente?
Probabilmente sì. Se, ad esempio, la stessa sorte fosse toccata alla Scuola poetica siciliana (sec. XII), noi oggi forse parleremmo una lingua con caratteristiche siciliane. Ma è un gioco della fantasia!
Allora non si è trattato di un'imposizione?
A differenza di ciò che è accaduto in Francia o in Inghilterra l'italiano si è diffuso senza l'appoggio di un apparato statale fino almeno all'unità d'Italia. Del resto i precedenti interventi dei vari stati italiani tendevano a operare scelte politiche nell'ambito amministrativo con scarsissima incidenza sulla popolazione quasi completamente analfabeta (l'80% circa al momento della formazione dello Stato unitario).
Si può dire che il piemontese, il marchigiano, il napoletano ecc. sono lingue?
Sì e no per le ragioni anzidette. Bisogna tuttavia tener presente che chi oggi sostiene tale affermazione lo fa come reazione a un periodo di grande disprezzo per i dialetti a tal punto che aborrisce l'uso dello stesso termine "dialetto". È significativo che anche nell'ambito del linguaggio ufficiale dell'Unione Europea si parli esclusivamente di lingue minoritarie, meno diffuse, regionali ecc.
Qual è l'origine dei dialetti italiani?
Con la conquista romana il latino si è diffuso in mezza Europa e soprattutto nel bacino del Mediterraneo sovrapponendosi alle lingue parlate in precedenza da quelle popolazioni. Dalla commistione di questi elementi e da quelli derivanti dalle successive invasioni barbariche si sono generati i vari dialetti d'Italia. Altre teorie più recenti sostengono che il padre di tutti i dialetti non sarebbe il latino della romanizzazione ma il latino parlato prima di Roma durante un fase di latinizzazione verificatasi nelle regioni in cui i latini e altri popoli italici avrebbero soggiornato prima di fermarsi nelle zone che storicamente conosciamo. Ciò sarebbe confermato dalle grandi aree dialettali attuali che coincidono con frontiere di antiche culture dell'Italia preistorica, come è dimostrabile con dati linguistici e archeologici.
In Italia da molti anni è in corso un acceso dibattito fra i fautori dei dialetti e chi li avversa. Diciamo subito che dal punto di vista linguistico i dialetti italiani e la lingua nazionale sono sullo stesso piano: entrambi hanno avuto la stessa 'nobile' origine, cioè il latino. Non è vero che i dialetti sono una corruzione dell'italiano. È vero invece che italiano e dialetti hanno un diverso ruolo sociolinguistico: il primo è la lingua della comunicazione all'interno della Repubblica Italiana (e della Repubblica di San Marino e nel Canton Ticino elvetico); i secondi hanno uso più limitato, in qualche caso si limitano all'uso familiare.
Perché il toscano ha avuto più fortuna?
Perché ragioni culturali, storiche, economiche ecc. hanno fatto sì che la formidabile produzione letteraria del Trecento (Dante, Petrarca e Boccaccio) sviluppatasi in Toscana venisse diffusa in gran parte della Penisola. Così autori non toscani quali il napoletano Sannazzaro e l'emiliano Boiardo scrissero in toscano.
Poteva andare diversamente?
Probabilmente sì. Se, ad esempio, la stessa sorte fosse toccata alla Scuola poetica siciliana (sec. XII), noi oggi forse parleremmo una lingua con caratteristiche siciliane. Ma è un gioco della fantasia!
Allora non si è trattato di un'imposizione?
A differenza di ciò che è accaduto in Francia o in Inghilterra l'italiano si è diffuso senza l'appoggio di un apparato statale fino almeno all'unità d'Italia. Del resto i precedenti interventi dei vari stati italiani tendevano a operare scelte politiche nell'ambito amministrativo con scarsissima incidenza sulla popolazione quasi completamente analfabeta (l'80% circa al momento della formazione dello Stato unitario).
Si può dire che il piemontese, il marchigiano, il napoletano ecc. sono lingue?
Sì e no per le ragioni anzidette. Bisogna tuttavia tener presente che chi oggi sostiene tale affermazione lo fa come reazione a un periodo di grande disprezzo per i dialetti a tal punto che aborrisce l'uso dello stesso termine "dialetto". È significativo che anche nell'ambito del linguaggio ufficiale dell'Unione Europea si parli esclusivamente di lingue minoritarie, meno diffuse, regionali ecc.
Qual è l'origine dei dialetti italiani?
Con la conquista romana il latino si è diffuso in mezza Europa e soprattutto nel bacino del Mediterraneo sovrapponendosi alle lingue parlate in precedenza da quelle popolazioni. Dalla commistione di questi elementi e da quelli derivanti dalle successive invasioni barbariche si sono generati i vari dialetti d'Italia. Altre teorie più recenti sostengono che il padre di tutti i dialetti non sarebbe il latino della romanizzazione ma il latino parlato prima di Roma durante un fase di latinizzazione verificatasi nelle regioni in cui i latini e altri popoli italici avrebbero soggiornato prima di fermarsi nelle zone che storicamente conosciamo. Ciò sarebbe confermato dalle grandi aree dialettali attuali che coincidono con frontiere di antiche culture dell'Italia preistorica, come è dimostrabile con dati linguistici e archeologici.
Re: identità delle lingue siciliano, calabrese e salentino
Per specificare alcuni punti relativi alle lingue calabresi, almeno in parte, preferisco fare alcuni esempi di una stessa poesia in lingua italiana e scrivendola poi in tre diversi dialetti e/o idiomi calabresi diversi. Servirà poi come base per un approfondimento successivo con chi vorrà dare un contributo al dialogo.
“L'asino e il lupo” Un mattino un asino pascolava beato in un prato d'erba tenera su un piano tra due montagne. Nelle vicinanze scorreva un ruscello, producendo un allegro mormorio con la sua acqua fresca e limpida.
oppure in lingua o dialetto reggino “U sceccu e u lupu”
Nu jornu, i matina, nu sceccu pasciva cuntentu erba frisca 'nta nu chianu ammenzu ê muntagni. Ddha 'nta li vicinanzi 'ndaìva nu gaddhuni chi scindendu, mandava na musica duci cu a so poca acqua frisca e pulita.
oppure Variante del reggino parlata nella Locride “U ciucciu e u lupu”
Nu jornu, i matina, nu ciucciu pascìa cuntentu erba frisca nta nu cjanu ammenzu ê muntagni. Ja ntê vicinanzi ndavìa nu vajuni chi scindendu, mandava na musica duci câ poca acqua sua frisca e pulita.
oppure in lingua o dialetto Greco di Calabria “To gadaro ce lo lico”
Mia mera, asce purrì, ena gadàro evoscevvje charapimèno, chorto chlorò sce ena mmali mesa sta vunà. Ecì condà iche era rrìaci pu trèchonda èsteddhe mia mùsica glicìa me to lìgo nerò frisco ce catharò.
saluti. Pietro da Taranto
“L'asino e il lupo” Un mattino un asino pascolava beato in un prato d'erba tenera su un piano tra due montagne. Nelle vicinanze scorreva un ruscello, producendo un allegro mormorio con la sua acqua fresca e limpida.
oppure in lingua o dialetto reggino “U sceccu e u lupu”
Nu jornu, i matina, nu sceccu pasciva cuntentu erba frisca 'nta nu chianu ammenzu ê muntagni. Ddha 'nta li vicinanzi 'ndaìva nu gaddhuni chi scindendu, mandava na musica duci cu a so poca acqua frisca e pulita.
oppure Variante del reggino parlata nella Locride “U ciucciu e u lupu”
Nu jornu, i matina, nu ciucciu pascìa cuntentu erba frisca nta nu cjanu ammenzu ê muntagni. Ja ntê vicinanzi ndavìa nu vajuni chi scindendu, mandava na musica duci câ poca acqua sua frisca e pulita.
oppure in lingua o dialetto Greco di Calabria “To gadaro ce lo lico”
Mia mera, asce purrì, ena gadàro evoscevvje charapimèno, chorto chlorò sce ena mmali mesa sta vunà. Ecì condà iche era rrìaci pu trèchonda èsteddhe mia mùsica glicìa me to lìgo nerò frisco ce catharò.
saluti. Pietro da Taranto
pietroilgrande4- nutrìcu
Re: identità delle lingue siciliano, calabrese e salentino
Io mi ricorderei che il territorio una volta era Il Regno delle due Sicilie, e quindi ben stia il nome di Siciliano!Flavia Vizzari ha scritto:4. Il Siciliano parlato in Calabria e nel Salento? E' lo stesso problema del Catalano e del Valenziano! E' bruttissimo dire che nella Calabria Meridionale si parla il siciliano, si parlerà piuttosto il calabrese; però purtroppo lo dicono la maggior parte dei linguisti; e, in effetti, dal punto di vista linguistico la Calabria è divisa in due, così come la Puglia, per cui non si può parlare di calabrese, caso mai di calabrese centro-meridionale e calabrese settentrionale. Ma che senso avrebbe definire con lo stesso tèrmine ("calabrese") due lingue completamente diverse (quello meridionale e quello settentrionale)?!? Per tale ragione la maggior parte dei linguisti tende a definire siciliano (una variante del siciliano, per la precisione) anche il calabrese centro-meridionale. Dal punto di vista linguistico è corretto dare lo stesso nome alle parlate della Calabria meridionale e a quelle della Sicilia; dal punto di vista "politico" forse sarebbe meglio inventarsi un tèrmine nuovo che non sia nè "siciliano", né "calabrese", così non si offenderebbe la sensibilità e il giusto senso di appartenenza regionale di nessuno.
Giusi Di Tona - Palermo
http://scn.wikipedia.org/wiki/Discussioni:Lingua_siciliana
Re: identità delle lingue siciliano, calabrese e salentino
Alfonso Chiaromonte ha scritto:Da una intervista la prof. Gian Luigi Beccaria
In Italia da molti anni è in corso un acceso dibattito fra i fautori dei dialetti e chi li avversa. Diciamo subito che dal punto di vista linguistico i dialetti italiani e la lingua nazionale sono sullo stesso piano: entrambi hanno avuto la stessa 'nobile' origine, cioè il latino. Non è vero che i dialetti sono una corruzione dell'italiano.
....................................
Altre teorie più recenti sostengono che il padre di tutti i dialetti non sarebbe il latino della romanizzazione ma il latino parlato prima di Roma durante un fase di latinizzazione verificatasi nelle regioni in cui i latini e altri popoli italici avrebbero soggiornato prima di fermarsi nelle zone che storicamente conosciamo. Ciò sarebbe confermato dalle grandi aree dialettali attuali che coincidono con frontiere di antiche culture dell'Italia preistorica, come è dimostrabile con dati linguistici e archeologici.
Il Siciliano non deriva dal latino, ma come si precisa successivamente da esso anche è stato influenzato, ma come anche dal greco e da altre parlate o lingue...
Re: identità delle lingue siciliano, calabrese e salentino
In siciliano:pietroilgrande4 ha scritto:Per specificare alcuni punti relativi alle lingue calabresi, almeno in parte, preferisco fare alcuni esempi di una stessa poesia in lingua italiana e scrivendola poi in tre diversi dialetti e/o idiomi calabresi diversi. Servirà poi come base per un approfondimento successivo con chi vorrà dare un contributo al dialogo.
“L'asino e il lupo” Un mattino un asino pascolava beato in un prato d'erba tenera su un piano tra due montagne. Nelle vicinanze scorreva un ruscello, producendo un allegro mormorio con la sua acqua fresca e limpida.
oppure in lingua o dialetto reggino “U sceccu e u lupu”
Nu jornu, i matina, nu sceccu pasciva cuntentu erba frisca 'nta nu chianu ammenzu ê muntagni. Ddha 'nta li vicinanzi 'ndaìva nu gaddhuni chi scindendu, mandava na musica duci cu a so poca acqua frisca e pulita.
oppure Variante del reggino parlata nella Locride “U ciucciu e u lupu”
Nu jornu, i matina, nu ciucciu pascìa cuntentu erba frisca nta nu cjanu ammenzu ê muntagni. Ja ntê vicinanzi ndavìa nu vajuni chi scindendu, mandava na musica duci câ poca acqua sua frisca e pulita.
oppure in lingua o dialetto Greco di Calabria “To gadaro ce lo lico”
Mia mera, asce purrì, ena gadàro evoscevvje charapimèno, chorto chlorò sce ena mmali mesa sta vunà. Ecì condà iche era rrìaci pu trèchonda èsteddhe mia mùsica glicìa me to lìgo nerò frisco ce catharò.
saluti. Pietro da Taranto
" 'u sceccu e 'u lupu" - 'na matina un sceccu pasciva 'nta un pratu virdi e tenniru ca si truvava 'ntra du' muntagni. 'dda vicinu scurriva un ruscellu chi faciva un beddu rumuru cu la so' acqua frisca e trasparenti.
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