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Messaggio  Flavia Vizzari Sab 2 Ago 2008 - 3:52

29 gennaio 2005

PIRANO - Presentato a Casa Tartini il volume «Le perle del nostro dialetto»
Prezioso recupero del vernacolo piranese

PIRANO - Giovedì sera, in una "Sala delle vedute" di Casa Tartini, sede della Comunità degli Italiani, gremita sino all'ultimo posto, è stato presentato il volume "Le perle del nostro dialetto" di Ondina Lusa. Il vicepresidente del sodalizio, Alberto Manzin, ha sottolineato la grande gioia che prova nel vedere la stampa del tomo, in piano da molto tempo. Bruno Fonda, presidente della Comunità autogestita della nazionalità italiana di Pirano ha definito il lavoro "una delle perle più pregevoli, gemma che si incastona degnamente tra le pubblicazioni del nostro gruppo nazionale", sottolineando altresì che proprio attraverso tali iniziative si contribuisce al "recupero e alla salvaguardia dei valori linguistici altrimenti destinati all'oblio". È passata poi la parola ad Amalia Petronio, che ha coordinato la serata, la quale ha ricordato che il libro di Ondina Lusa è "una preziosa testimonianza dell'essere e dell'anima dei piranesi", un lavoro di oltre tre decenni mirato alla raccolta di materiali concernenti la parlata piranese. Il prodotto finale è un corposo tomo di 480 pagine, di fondamentale importanza in quanto documenta "la presenza storica della nostra cultura", così la Petronio, che ha pure rammentato l'impoverimento del vernacolo della patria di Tartini negli ultimi decenni. Ondina Lusa ha ricordato le sue commedie in dialetto, scritte per un semplice motivo: in qualità di caporedattore del periodico della CI "Lasa pur dir" volle che lo stesso contenesse anche delle pagine nell'idioma piranese. Una passione, quella della Lusa, che non si è affievolita nel corso del tempo. Anzi, prosegue tuttora con la sua rubrica "Conosciamo il nostro dialetto" su "Il Trillo", il foglio mensile della comunità italiana piranese, nonché attraverso i corsi tenuti ai bambini dell'asilo e ai ragazzi della scuola elementare italiana, attraverso i quali propone una pagina di storia del territorio, e questo tramite il dialetto, che racchiude la cultura, la tradizione e le consuetudini della popolazione italofona ivi residente da sempre. Cristian Poletti, uno dei ragazzi che ha frequentato il corso, ha recitato alcune filastrocche nel vecchio dialetto piranese, con un ottimo riscontro da parte del pubblico. L'ultimo oratore è stato Marino Bonifacio, piranese di nascita e triestino d'adozione, studioso e grande conoscitore di onomastica cognominale nonché del dialetto della sua città. Nel volume citato ha curato i primo capitolo concernente il dialetto di Pirano. Nel suo intervento ha spiegato le differenze esistenti tra il piranese e il triestino, e ha ricordato l'unicità e le peculiarità del vernacolo parlato nella località istriana. Bonifacio ha poi sottolineato l'importanza dell'archivio cittadino, che con la sua documentazione conservata ci permette di verificare l'evoluzione della parlata ma anche la sua storica presenza.

Ma ecco quello che ci hanno detto i protagonisti della serata, ad iniziare dall'autrice, Ondina Lusa, e poi di seguito Amalia Petronio e Marino Bonifacio.

In questo volume troviamo pubblicati parte dei materiali che Lei ha raccolto in oltre sette lustri. Perché ha deciso di studiare il vernacolo piranese? Possiamo dire che si tratta di un gesto d'amore?

Ondina Lusa: "Sì, sicuramente, perché mia nonna, nata nel 1877, parlava il piranese arcaico. Io abitavo con lei perché mia mamma era vedova, doveva lavorare per mantenermi, per cui io stavo con la nonna. Quando ero piccola – sono nata nel 1941 e non c'era la televisione, non avevamo la radio - mia nonna era bravissima a raccontarmi le storie, gli indovinelli, le filastrocche, e a casa, naturalmente, si parlava il dialetto. Tutto ciò che ho raccolto, una buona parte, sono cose sentite che mia nonna mi raccontava. Nel 1968 ho avuto la grande fortuna di incontrare il prof. Manlio Cortelazzo, che era venuto appositamente da Padova per intervistare un pescatore, Giorgio Milos, per registrare i lemmi dialettali piranesi. Io lo accompagnai, e in quel momento pensai 'Ma guarda, questo viene da Padova a raccogliere il nostro dialetto e noi che siamo qua lo stiamo quasi perdendo'. Questo è stato un momento di riflessione, quindi, ho cominciato ad ascoltare mia madre, scrivevo le parole che diceva lei, ecc."

Dal 1968 in poi ha raccolto con assiduità una miriade di informazioni, e questo dalla viva voce dei piranesi. Ha avuto la fortuna di intervistare uomini e donne che per tutta la vita hanno parlato solo il dialetto. A distanza di alcuni decenni come sono cambiate le cose e, soprattutto, la nostra parlata di quale salute gode?

Ondina Lusa: "Oggi noi parliamo un dialetto livellato in tutto il Litorale, anche perché con l'esodo, la gente di altre località (italofona ndr.), Pola, Dignano, Parenzo, Fiume, ecc., si è trasferita qui da noi perciò noi parlando il nostro dialetto non saremmo stati capiti, le parole erano molto diverse. Io ho lavorato a scuola, e a contatto con i bambini e i ragazzi era difficile, dovevo parlare in lingua praticamente con loro. Il dialetto lo parlavo solo a casa con mia mamma, lei è morta però nel 1981 e da allora ho avuto modo solo sporadicamente di incontrarmi con delle persone anziane, grazie alle quali ho potuto ottenere delle informazioni da salvaguardare."

La nostra parlata si conserverà oppure rischia di finire nel dimenticatoio?

Ondina Lusa: "Io ho avuto la fortuna di lavorare dal 1976 in poi per il 'Lasa pur dir' e documentare l'esistenza del nostro dialetto anche attraverso le commedie, le filastrocche e così via. Poi avere la rubrica su 'Il Trillo' in cui si può inserire le parole che le persone ricordano è senz'altro importante. Per me è stata anche una soddisfazione essere l'animatrice di un gruppo di ragazzi della quarta elementare, oppure di bambini dell'asilo, mentre quest'anno ho un gruppo di ragazzi dalla prima alla quarta, ai quali cerco di insegnare le filastrocche e queste cose. Devo dire che è difficile conservare il vecchio dialetto con la cantata, perché, forse, solo in qualche famiglia viene ancora parlato, ma sono casi isolati. I salinai mantengono ancora i termini dialettali, forse ancora nelle pescherie, se c'è ancora qualche nostro connazionale. Penso che sia una grande perdita aver smarrito il nostro dialetto."

Oggi è stato presentato un volume importante per i piranesi. Secondo Lei quale peso ha una pubblicazione di questo genere?

Amalia Petronio: "Oggi come oggi ha un peso enorme, perché, purtroppo a Pirano non si parla più il dialetto piranese. Io per caso lo parlo ancora con mio papà, che ha 91 anni, però fuori dalle mura di casa non lo sento più. Purtroppo si sente parlare lo sloveno, altri dialetti e così via. Quindi ha un carattere storico, etnologico, antropologico ed è, per così dire, materia fondamentale per uno studioso di sociolinguistica."

Ultimamente siamo testimoni di un revisionismo negazionista da parte di certi intellettuali sloveni, secondo i quali gli italiani di queste terre non sarebbero autoctoni bensì solo usurpatori e colonizzatori di questa parte dell'Istria. Possiamo difenderci con l'"arma" della cultura? Siamo in grado di smentire tali assurdità?

Amalia Petronio: "Sì siamo in grado di smentire perché abbiamo un sacco di documentazione, abbiamo tanto materiale scritto, documenti d'archivio, quindi siamo in grado di smentire. Non ci dobbiamo spaventare assolutamente. Sempre abbiamo avuto delle 'teste calde', ci sono ancora oggi e ci saranno, purtroppo, però abbiamo altri interlocutori, che hanno una certa cultura, una preparazione su cui possiamo fare affidamento, non siamo tutti uguali per fortuna."

Dal secondo dopoguerra in poi la componente italiana è stata quasi cancellata dai lidi dell'Adriatico orientale, per le cause che tutti conosciamo. A partire dagli anni '70 dello scorso secolo gli italiani rimasti nelle terre dei loro avi hanno iniziato a raccogliere e pubblicare volumi inerenti i propri dialetti, vale a dire il proprio idioma, la propria identità e memoria. Il libro di Ondina Lusa pertanto si inserisce in questo filone. Qual è l'importanza del tomo oggi presentato?

Marino Bonifacio: "Ringrazio Ondina Benedetti la quale mi ha permesso, in questo libro, di chiarire molte cose del dialetto piranese che non si erano potute chiarire finora. La mia materia principale sono i cognomi, il dialetto è secondario, quindi non avevo il tempo. Con questo libro, con questo studio la Benedetti mi ha dato l'occasione di penetrare ulteriormente nel dialetto piranese e, finalmente, di controbattere il prof. Doria, del triestino, grazie alla documentazione da me consultata. Da questo libro in poi sapremo molto di più sul piranese, in quanto la Benedetti con le sue filastrocche mi ha dato l'occasione di valorizzare il dialetto piranese, senza di lei non avrei potuto fare questo lavoro, né lei lo avrebbe potuto fare senza di me. D'ora in poi i linguisti, i dialettologi e tutti gli interessati di questa materia potranno capire molto di più, perché i precedenti studiosi avevano fatto molti sbagli, non avevano fatto caso a molte cose, sui cui invece ho fatto caso io. Non c'è tutto dentro, ma certamente la base del piranese è stata gettata."

La storia e la cultura della sponda orientale dell'Adriatico è pressoché sconosciuta agli italiani della penisola. La storiografia e la pubblicistica jugoslava, e oggi, in parte, anche quelle slovena e croata, hanno e stanno alterando i connotati di quest'area così peculiare. Gli italiani di queste terre, esuli e rimasti, possono controbattere solo con la cultura e con seri ed approfonditi studi. Questa è la strada giusta?

Marino Bonifacio: "Non c'è altra strada, è l'unica dopo vari tentativi. Lauro Decarli ha detto che noi dobbiamo per forze di cose studiare la nostra storia, perché l'uomo ha il dono della parola e della cultura. Nel corso dei secoli ci sono state sempre discussioni, contrasti, nazionalismi, però, soltanto attraverso la cultura possiamo calmare le acque e far capire che, in fin dei conti, siamo tutti parenti, certo uno arriva prima, uno arriva dopo, ma non è colpa né dell'uno né dell'altro, ci dev'essere un rispetto reciproco. Cercando di studiarsi, di confrontarsi culturalmente, possiamo andare avanti, vivere, convivere e sopravvivere. Questo è il mio pensiero. Io sono orgoglioso di aver conosciuto il prof. Diego de Castro, dal quale ho imparato molte cose. Lui mi disse che noi, per forza di cose, oltre a conoscere noi stessi dovevamo prima conoscere anche gli altri. Questa rimane per la maggior parte l'unica possibilità per noi: il confronto culturale fra i popoli, a cominciare da noi istriani."da noi istriani".

Kristjan Knez

http://www.istrianet.org/istria/news/europe/voce_popolo/05_0129ondina.htm
Flavia Vizzari
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Spicialista
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http://blog.libero.it/Artevizzari/

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