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Claudio Cisco

3 partecipanti

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Claudio Cisco Empty Claudio Cisco

Messaggio  claudiocisco Dom 16 Mar 2008 - 13:20

POESIA
" B E L L A M E S S I N A "
clliccare su questo link per aprire la relativa pagina web:
http://www.poetika.it/read.asp?id=17974




RACCONTO
" C O L E I C H E B R E V E M E N T E F U E C H E M A I I N V I T A C O N O B B I "
cliccare su queso link per aprire la relativa pagina web:
http://www.partecipiamo.it/claudio/colei_che_brevemente_fu.htm




C L A U D I O C I S C O




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Claudio Cisco Empty LUNGO LE VIE DEL CIMITERO

Messaggio  claudiocisco Mar 1 Lug 2008 - 5:39

Claudio Cisco Mariettanv0


Ultima modifica di claudiocisco il Mer 2 Lug 2008 - 6:26 - modificato 1 volta.
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Claudio Cisco Empty Re: Claudio Cisco

Messaggio  GIANSERE Mar 1 Lug 2008 - 23:12

NON SO BENE COME ESPRIMERE LA CURIOSITA' CHE HA GENERATO IN ME LA TUA POETICA, IL TUO SCRIVERE...MI SEMBRA DI TROVARMI DINANZI AI TEMI CARI A GADDA, A BERTO... cheers cheers cheers
GIANSERE
GIANSERE
bazzicaturi
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Claudio Cisco Empty Re: Claudio Cisco

Messaggio  claudiocisco Mer 2 Lug 2008 - 6:18

claudiocisco ha scritto:Claudio Cisco Uid11ad967e4a4580ry2
Con questi pensieri, completamente assorto nel silenzio e nella meditazione, percorrevo le vie del cimitero. D’un tratto, uno scossone intimo, simile a quello che mi aveva spinto a recarmi fin lì, mi elettrizzò nuovamente e più forte di prima, salendo sin dal profondo del mio io.
Quella solita voce vaga ed indefinita, tornò a farsi sentire in me e a dirigere i miei passi che poco prima erano incerti e senza una direzione ben precisa. Camminai parecchio, senza mai fermarmi e sempre salendo, attraverso curve, strade larghe e strette che si alternavano tra loro, che giravano e poi salivano ancora, sembrava un labirinto, una salita senza fine. Man mano che la strada procedeva verso l’alto, il tempo si mostrava sempre più brutto, minacciava la pioggia. Il vento che nella mia città non manca quasi mai, ora sibilava tra le tombe, sembrava il flebile lamento delle anime dei defunti. Soffiava spingendo le foglie cadute per terra dagli alberi che ondeggiavano qua e là, leggere come piume, era la danza della malinconia, la poesia delle solitudini, dell’inane, del nulla. S’insinuava prepotente fra i cipressi, alberi silenziosi più dei morti. Il vento lo sentivo dappertutto, echeggiava fin dentro le mie ossa, regnava nelle mie vene mischiandosi con il mio sangue, unendosi col mio respiro. Lo percepivo in ogni alito di vita, in ogni particella d’aria, perfino sulle mie labbra, fredde e gelide come se baciassi la bocca d’un cadavere. Ogni tanto si udiva dall’alto il canto di qualche uccello sparuto, il rumore d’un paio d’ali, ma si interrompevano di colpo in un silenzio tombale, assoluto, come per una forma di insolito rispetto a quel clima che non era rivolto al canto ma all’elegia più sommessa, più cheta. Le nuvole dalle forme più bizzarre ed inquietanti, giravano sopra la mia testa, il cielo diventava sempre più scuro, pauroso ma non sembrava avesse la forza né la voglia di piangere le sue lacrime di pioggia. Ma anche se l’avesse fatto, io avrei continuato imperterrito il mio cammino, avrei portato a termine la mia missione. La pioggia non mi avrebbe bagnato, non mi avrebbe fermato. Com’era lontana la mia Messina solare! Le giornate estive, le spiagge, i primi raggi del mattino. Tutto riconduceva al nero, alla malinconia, al mistero. Non avevo più neanche la possibilità di riflettere sul motivo per il quale un ragazzo di 19 anni si trovasse lì, e non davanti alla cattedra, in mezzo ai suoi compagni di classe, per fare quello che era giusto e logico fare. Ero intento, quasi in trance, a seguire la voce che mi esortava a proseguire il mio strano viaggio, spingendomi oltre il limite, oltre quella barriera che divide quello che noi esseri terreni poveri fantocci di creta chiamiamo reale, dall’irrazionale, dal soprannaturale, da ciò che vive da sempre intorno a noi, nei nostri sensi, ma che non percepiamo. Un mondo totalmente sconosciuto che per adesso, rinchiusi in questa limitata e circoscritta dimensione, noi non possiamo vedere ma che esiste, è soltanto invisibile ai nostri occhi, come qualcosa che non si fa mai toccare ma che c’è e ci sarà sempre. Man mano che salivo, la città appariva sempre più lontana e irraggiungibile, mentre chi mi stava aspettando da tempo, sembrava sempre più vicina. Mi staccavo dal mondo dei vivi per avvicinarmi a quello dei morti, conseguenza assolutamente indispensabile, abbandonare l’umano per essere tutt’uno col soprannaturale. Il mare e la costa calabra che prima s’intravedevano di rado, ora sparivano del tutto, eclissati interamente dai cipressi che parevano fantasmi danzanti, mostri giganteschi. Mi trovavo in una dimensione senza età, il mio orologio con le sue lancette ferme, statiche, pareva disegnato, per niente reale. Non conoscevo più lo scorrere del tempo.
La giovinezza era vecchiaia e la vecchiaia tornava ad essere giovinezza. Regnava l’armonia del silenzio come un Dio della quiete, disturbato solo dai battiti del mio cuore che acceleravano via via che mi avvicinavo alla meta ma era bello ed emozionante anche in quel modo, era magico, era folle. E pensare che laggiù, coperta dagli alberi, doveva pur esserci ancora Messina, caotica e frenetica come tutte le mattine, con i suoi mercati, i suoi negozi, la sua gente che si riversava per le strade, ma tutto questo a me sembrava inconsistente, insignificante, totalmente estraneo, superfluo. Era mattina ma poteva essere benissimo sera, notte. Era inverno ma poteva essere primavera per la speranzosa attesa d’un’avventura indimenticabile che stavo per vivere in prima persona e da solo. In fondo ero solo un ragazzo strano e solitario, ma in quel momento ero immortale, senza età, quasi prescelto da una forza misteriosa e sconosciuta ad essere l’attore principale d’un film senza finale, d’un gioco senza spiegazione, d’un incontro senza precedenti, di una storia alla quale, anche se avessi provato a raccontare, nessuno avrebbe mai creduto. Ma ecco che ora, cominciavano a crollare dal cielo le prime goccioline d’acqua che restavano tali senza mai divenire temporale. Avevano il solo compito di rendere l’atmosfera ancora più coinvolgente,magica, inquietante, celestiale. Erano sorelline gemelle, piccoli angioletti che cadevano dal cielo giù verso la terra come finissime particelle di polvere di stelle. Piccoli angeli sotto forma di acqua che cantavano con le loro voci di bambine la loro sinfonia, per me e soltanto per me,mandate apposta da chi mi stava aspettando in segno di festa, per creare una dolce accoglienza. Mi accarezzavano i capelli, il viso, le mani, dappertutto. Continuavano a cadere dal cielo senza pausa, danzavano, sperimentavano la terra. Ma fra la terra e il cielo, era più bello il cielo, e così preferivano tornare indietro, lassù, da dove erano partite pochi istanti prima, proprio come quei bambini piccolissimi che nascono su questa terra e muoiono subito dopo, magari anche perché una madre non li vuol far nascere qui e a loro non resta che tornare in cielo, ritornando ad essere angeli, sostituendo il bacio non dato dalla mamma con un altro paradiso, molto più bello, vero, eterno. Tutto questo accadeva solo a me e non so spiegarmi tuttora il perché. Proprio a me che non avevo nulla di speciale rispetto agli altri ragazzi della mia età. Anzi, a pensarci bene, qualcosa in più l’avevo da sempre. Come ho fatto a non pensarci prima?
Avevo qualcosa di grande, di estremamente importante e vitale, di immenso. Qualcosa capace di far volare anche chi non ha mai avuto ali, capace di rendere ricchi pur avendo solo una capanna. Qualcosa che Dio ha creato per gli uomini ma che nessuno di loro prende più in considerazione, schiavo della materia e dei problemi pratici quotidiani della vita. Quel qualcosa che avevo in più e che ancor oggi sento di possedere, è la grande voglia di sognare che invade la realtà e la fa scoppiare da tutte le parti. Ma soprattutto la volontà e il desiderio di credere ai miei sogni. Soltanto io, infatti, potevo credere alla storia che vi sto raccontando. Ma sono sicuro che esistono ancora su questa terra, esseri simili a me. E chi sono? Sono loro: gli artisti, gli ubriachi, i bambini,gli acrobati, i saltimbanchi, i protagonisti delle fiabe principesse ed animali parlanti, tutti angeli incompresi caduti su questa terra per sbaglio o per fortuna, capaci di cogliere il vero senso della vita, l’essenza dell’anima. È l’umanità a colori, la vita che ridiventa sogno, l’uomo che dà la mano a Dio, è la luce che non si spegne più.




B I B L I O G R A F I A


CLAUDIO CISCO nasce a Messina dove ha sempre vissuto il 18-10-1964. Malinconico e meditativo per natura, rivela sin da piccolo, in trasparenza, una sensibilità profondissima ed una straordinaria vocazione per lo scrivere. Scrittore inquieto dall'animo agitato e tormentato, amante della solitudine, esordisce nel 2004 col suo primo libro COME SONO DENTRO, dove la sua natura romantica e dolce si fonde meravigliosamente con la sua indole malinconica e funerea facendo germogliare liriche di ineguagliabile purezza. Ma la sua ispirazione sempre fervida non ha limiti ne' confini. Decide così di ampliare il suo percorso letterario spaziando nel campo della narrativa. Nasce l'anno dopo il libro COLEI CHE BREVEMENTE FU E CHE MAI IN VITA CONOBBI, nel quale il senso del mistero e la paura della morte si innalzano a vita sospinte dalla forza del sogno e dall'incanto dell'immaginazione, attraverso pagine delicatissime e di commovente bellezza nelle quali impeto del racconto e capacità fabulosa si armonizzano con arte. Libro successivamente modificato leggermente nel testo con due diverse copertine rispetto all'originale. Nello stesso anno sente l'esigenza di fare presa sui lettori e rischia coraggiosamente dando alle stampe il libro IL VECCHIO E LA RAGAZZA, un libro-scandalo che si schiera contro tutte le convenzioni sociali e ogni forma di moralità a difesa d'una libertà d'espressione illimitata e senza freni. Il libro fa molto parlare di se' ma incuriosisce. Il libro viene successivamente riscritto dall'autore col titolo LA FINE DELLA CICOGNA in una nuova stesura nella quale vengono aggiunti nuovi concetti. Nel 2006 torna al suo vecchio amore: la poesia, e crea il libro LA MIA ANIMA E' NUDA, dimostrando ancora una volta la sua impossibilità di essere e di realizzarsi in un mondo che nega tanto più crudelmente la felicità, quanto maggiore è la nostra virtù. Spinto dalla sua indomabile e istintiva creatività sempre ricca di idee ed emozioni, prosegue nel 2007 verso la strada della lirica e partorisce il suo quinto libro IL SILENZIO NEL SILENZIO. Una vera rivoluzione è in atto nel poeta. L'accessibilità immediata dei suoi versi, viene sostituita da un'accurata e sofisticata ricerca del vocabolo. La sua solitudine estremamente privata senza sbocchi, si apre di colpo al mondo che lo circonda attraverso tematiche di più ampio respiro. Segno evidente d'un artista, e d'un uomo prima, che sa continuamente rinnovarsi come un istrione della scrittura, capace di sorprendere ogni volta. Sempre nel 2007 raccoglie 40 sue poesie tratte dai libri di liriche scritti in precedenza e dà alla luce il libro SENSAZIONI. Focalizzando sempre più la sua genialità creativa e rinnovandosi continuamente da schemi originalissimi da lui stesso creati, scrive ANIMA SEPOLTA, un'espressione poetica d'avanguardia, alternativa, dove fobie ossessive e fantasmi interiori, esternandosi, si tramutano con sepolcralità in energie negative lugubri e macabre, segni indelebili d'una morte interiore eternamente rassegnata nel misterioso mondo della follia e dell'inconscio. Si cimenta poi in un monologo in prosa surrealista di carattere cerebrale e filosofica APOCALISSE MENTALE. Nel 2008 compone altri 2 libri in versi EROS E MORTE (poesie erotiche e dark) e LA LUNA DI PETER PAN, nel quale il romanticismo predomina velato da una indefinibile tristezza.

-COME SONO DENTRO

-ANIMA SEPOLTA

-APOCALISSE MENTALE

-COLEI CHE BREVEMENTE FU E CHE MAI IN VITA CONOBBI

-IL VECCHIO E LA RAGAZZA

-LA MIA ANIMA E' NUDA

-IL SILENZIO NEL SILENZIO

-SENSAZIONI

-LA FINE DELLA CICOGNA

-EROS E MORTE

-LA LUNA DI PETER PAN

-TUTTO SU DI ME





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Claudio Cisco Empty STORIA D'UN VECCHIO EREMITA

Messaggio  claudiocisco Mar 8 Lug 2008 - 5:25

Vivo quassù tra le montagne
rifugiandomi nel mio nido silenzioso
in un lungo e solitario esilio.
Ho abbandonato il mondo col suo grigiore
per osservare felice i colori dell'arcobaleno
ed ogni volta scoppio a piangere di gioia
mentre la mia anima si purifica nella luce del sole.
Non ho incubi che mi svegliano di soprassalto
non vedo più quei mille volti della gente pronti a sommergermi,
è lo sguardo magico della natura che m'incanta
e mi protegge nel buio
come una madre schiude le ali sul suo piccolo.
La scala dei miei giorni
di gradino in gradino sta salendo sin lassù,
per questo veglio paziente ogni alba che nasce
così giorno dopo giorno m'avvicino al cielo
e non ho paura di volare via nell'ora del tramonto,
so che rinascerò in primavera
per non essere mai più solo,
la morte mi aprirà le porte alla vita eterna
e gli occhi della natura
che sono stati la luce della mia terrena esistenza,
diverranno gli occhi di Dio lassù.
Attendo la pace della sera per addormentarmi in un lungo sonno,
stelle d'argento e cori di uccelli
porteranno lontano oltre le montagne l'eco della mia solitudine
ed i miei sogni fragili saranno foglie verdi d'un albero solitario
che la collera del vento non potrà mai spazzare.
Un freddo e misterioso inverno
busserai alla mia porta frustata solo dal vento
e addentrandoti nel mio nido
troverai quel panno che mi asciugava il sudore
il bastone che aggrappava la mia fatica
una candela che non si consuma.
E quando sarai al sicuro
rivivrai i ricordi di quello che sono stato
ammirerai la statua di quello che sono adesso.
In un angolo buio
impolverato da tele
scoprirai il mio diario segreto,
frammenti d'una vita mai vissuta
povera fuori, ricca dentro.
Non bruciarlo ma fanne tesoro!
è la memoria che infrange i secoli
e vince il silenzio dell'universo,
il buio della morte.





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Ultima modifica di claudiocisco il Sab 1 Nov 2008 - 8:56 - modificato 1 volta.
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Messaggio  claudiocisco Mar 8 Lug 2008 - 5:34

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Messaggio  claudiocisco Mar 8 Lug 2008 - 6:05

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Claudio Cisco Empty LIRICHE DI CLAUDIO CISCO

Messaggio  claudiocisco Ven 5 Set 2008 - 7:01

NOSTALGIA



Le inquietudini del mio primo bacio

e poi le affascinanti scoperte intime,

i primi turbamenti,

quei peccati d’una età che non torna più,

scomparsa per sempre.

E tu sorellina timida timida

ed io fratellino impacciato e buffo,

tra sguardi e silenzi ci spiavamo dentro l’anima,

imparavamo ad amare.

Provo con la fantasia a tornare bambino

insieme con te nella poesia di quel nostro magico mondo.

Cerco invano di ricreare quegl’innocenti momenti intensi,

mi ritrovo il fantasma d’un uomo

già inesorabilmente invecchiato.

Quelle due giovani creature

ora son come cristalli di ghiaccio d’un viso d’inverno.

Quell’antica primavera

è ormai neve e gelo.





RICORDO D’UNA RAGAZZA SCOMPARSA



Le serate passate sulla nostra scogliera,

il bacio lì, in riva al mare

col tramonto che ascoltava le nostre anime

mentre il mare suonava la nostra canzone.

Tanti ricordi, tanti momenti felici,

tanto amore.

È questo che vorrei gridare in silenzio

ma a che serve ora che non ci sei più?

La tua vita è stata troppo breve

come il nostro amore.

Forse il tuo compito

era farmi provare un sentimento nuovo per me: l’amore

per poi scomparire come un angelo.

Sei salita al cielo

ed ogni notte, piangendo,

cerco di vederti tra le stelle.

Addio per sempre!





SPERANZA



Nel buio della mia solitaria esistenza,

proprio sul punto di smarrirmi,

vorrei improvvisamente incrociare la luce dell’amore,

tra mille volti riconoscere il tuo soltanto,

e come un bambino,

di colpo,

scoppiare a piangere di gioia.







VIAGGIO NELL’ANIMO MIO



Muta di parole e sguardi,

la mia mente vaga lontano in penombra

dove il pensiero non ha confini

e tutto può sembrare reale.

Così, col bisogno del ricordo e del pianto,

penso al mio passato e alla sua perduta giovinezza,

al mio presente fatto di tempo fuggente,

al mio futuro sconosciuto ed incerto nelle sue mille paure.

Quanta dolcezza nel guardarsi dentro e perdersi in sé stessi!

Quali emozioni

nel vagare libero tra solitudini e silenzi profondissimi!

Mi scuoto

e lentamente mi desto da un viaggio

nel profondo della mia anima,

del mio essere così fragile, così indifeso

rispetto alla grandiosità della mia vita.









VOLO



Ho aperto i miei occhi, liberato la mia mente

sfidando tutti i miei limiti,

ho lasciato alle spalle gabbie, catene,

labirinti, muri insormontabili,

e quell’uomo morto ch’ero ieri

e che oggi non riconosco più,

fino a ridere della mia disperazione del passato,

persino la morte sembra inchinarsi

alla mia nuova voglia di vivere.

Dentro di me

l’oscurità s’è trasformata in un riverbero di luce,

nell’anima esplode

l’incredibile forza dell’amore verso la vita.

Vedo nuovi orizzonti

distendersi davanti ai miei occhi.

Intorno a me

spazi infiniti m’invitano a raggiungerli.

Tutto è ancora da scoprire

e mi sta aspettando,

e con l’entusiasmo di un bambino,

m’accorgo per la prima volta,

quanto sia meraviglioso vivere.

Non ho più paura ormai.

Solo,

con il vento in faccia,

apro le mie ali

e mai più mi fermerò.

Finalmente adesso volo.





RICORDI



Si dirada come per incanto

la nebbia che mi avvolge

e s’apre d’improvviso il cielo

col suo manto azzurro,

torno a ritroso nel tempo in seno ai miei ricordi

come alghe marine che succhiano caute mammelle di roccia.

Mi vedo a otto anni

quando avevo un’amica soltanto

che volevo bene come sorella.

Ricordo ancora come fosse ieri

i suoi capelli neri a boccoli

che le coprivano quell’esili spalle

come schiuma del mare accarezza gli scogli.

Era una bambina orfana

e la sera, quando andava a dormire,

si addormentava con due mele vicino,

la più grande suo padre, la più piccola la madre,

aveva un segreto, teneva le mele sotto il cuscino.

Mi chiedeva spesso:

“Come mai le tue poesie son tristi e tu non ridi mai?”

non sapevo mai risponderle.

Da grande sognavo già di sposarla,

le dedicavo poesie e come per magia il suo caro viso spariva

ed io mi vedevo in un teatro affollato

con tanta gente in piedi ad applaudirmi.

A quindici anni

evitavo i compagni, i giochi e le feste

e restavo da solo per ore

ad osservare la distesa infinita del mare,

una voce dentro mi ripeteva sempre:

“I sogni non muoiono mai”.

Cercavo la libertà,

mi chiedevo se nell’universo esistesse qualcuno simile a me,

immaginavo di volare via per scoprire il mondo

senza ritorno, senza fermarmi

come un’onda senza mai una spiaggia

ed i miei occhi ragazzini curiosi e attenti,

si perdevano in lontananza,

laggiù dove si disperdeva il mare oltre l’orizzonte.

Son diventato uomo troppo in fretta

e non riesco più a sognare.

Cerco ancora l’arcobaleno d’allora,

trovo le inquietudini di adesso.

La speranzosa attesa d’un tempo,

le antiche illusioni,

come oggetto prezioso caduto per terra

e frantumato in mille pezzi,

sono morte e crollate inesorabilmente

nell’amara consapevolezza del nulla che mi circonda.

Ma perché bisogna dire addio

sempre alle cose più belle?

alle delizie che promette ma non concede la vita?

Rassegnati animo mio,

le tue domande non conosceranno mai risposte!







IL TRENO DELLA VITA



E il treno corre,

corre lontano sui binari della vita,

lungo la strada del mio dolore.

Va via velocemente

proprio come i miei anni,

il mio tempo che scorre.

Dai vetri del finestrino

vedo montagne invalicabili di paure,

pianure non più verdi di speranze invecchiate,

laghi salati di pianto amaro.

Vedo fiumi, violente cascate trascinare via tutto quanto,

mari in tempesta come i miei pensieri irrequieti.

Vedo gallerie coprire il sole come i miei momenti bui,

miraggi di felicità nei deserti della mia esistenza,

il cielo dove non ho mai volato,

lontane isole esplorate solo nei sogni,

nebbia lontana e foschie senza amore, senza fortuna

e poi

file di alberi e nuvole passare come un susseguirsi di emozioni,

paesi e città fuggire malinconicamente come i ricordi più belli,

prati verdi dove correvo sull’erba da bambino,

rivedo mia madre aspettarmi a braccia aperte,

odo nel vento la sua voce che mi chiama.

Il treno corre

la sua corsa senza fine

senza ritorno, senza fermate

ed io via con lui

m’allontano sempre più senza sapere dove andrò,

certo di perdermi solo

come un vagabondo senza famiglia.

Addio casa mia d’infanzia!

Addio amici della mia adolescenza!

Addio giovinezza perduta per sempre!

Quanta struggente nostalgia mi avete lasciato!

Com’è triste non poter tornare indietro!

Ma perché la vita è una corsa continua?

Perché la fine di un viaggio non c’è mai?

Mi fermerò soltanto

quando giungerà l’autunno con la sua folata gelida,

come foglia ormai ingiallita,

sarò strappata dal mio albero,

trascinata nel vento.









LA FRASE PIÙ BELLA



“Se per gli altri ormai sei grande

per me resterai sempre il mio bambino”.

È la frase più bella che mi hai detto

e che da sempre avrei voluto sentire.

È un pensiero profondissimo,

a tal punto che neanche tu puoi capire quanto.

Forse è Dio che ti ha ispirato

per rendermi felice.

Tu mi hai gettato in mare un’àncora di salvezza

dove io mi aggrappo con tutte le mie forze per non annegare

e trovo le mie poesie, il tuo amore per me.

Nessuno malgrado i propri sforzi

è mai riuscito a cogliere la mia ricchezza interiore,

la mia sensibilità profondissima, la mia particolarità,

il mio disperato bisogno d’amore.

È solo riuscito a intravedere

come sono dentro

ma in lontananza

senza mai percepirmi a fondo.

In questo mondo dell’immagine

l’apparire conta più dell’essere

anche perché spesso l’essere non c’è.

Amante della solitudine e della tenerezza,

senza nessuno che mi somigli,

cerco da sempre

un’anima che mi comprenda.


L’AQUILONE

Un esile ma robusto filo
ci lega l’uno all’altra
e tu mi conduci senza esitazioni,
ed io posso andare più in alto
e scorgere paesaggi sublimi.
Corri veloce
ammiro il mondo oltre la collina,
al di là delle montagne fino al mare
dove il cielo dona voce solo al mio respiro
mentre l’infinito abbraccia i miei pensieri.
Qualche nuvola all’orizzonte
accompagna il mio volo sempre più leggero
ed il vento mi sostiene l’anima
innocente e bambina in questo cielo azzurro,
più su di così io non sono stato mai.
Non so se le mie ali sono davvero forti,
o sei tu che mi incoraggi,
da quassù ogni segreto,
ogni promessa,
sembrano più veri.
Di quella terra lontana non scorgo più nulla,
quasi fosse ormai dimenticata e perduta
qua in alto tutto sa di eternità,
sto assaporando lentamente
la magia che mi circonda.
Vorrei descriverti ogni cosa che vedo
trasferendoti le emozioni che provo
ma tu continui sempre a dirigermi,
non ho paura di volare, sai
mi sei vicina nei pensieri.
Ora conosco i desideri del cuore
vivono scolpiti in me
ed io volerò per sempre
e ti porterò con me ovunque
al di sopra di queste montagne, oltre l’orizzonte
nello spazio infinito.



MARIONETTE

Cantavo il mio romantico sogno nella notte,
sul palcoscenico buio di un teatro
dove piccole marionette
allibite mi guardavano.
Tutto intorno
il vuoto più assoluto
non percepivo umana presenza
all’infuori di quei ridicoli pupazzi colorati.
“Solo noi possiamo comprenderti,
sappiamo ascoltarti,
abbandona gli umani
e salta qui sul palco da noi” mi dissero in coro.
Così feci
e diventai burattino tra i burattini
rinunciai alla solitudine d’essere uomo
scelsi i colori, il teatro, le marionette
diventai uno di loro.
Su quel palcoscenico
recuperai la mia vera dimensione
mi ritrovai folle e disperato
ma libero e felice.



IL VUOTO DI UN PAGLIACCIO

Ti aspettiamo
e ora che entri in scena
indossa la tua maschera
con quel grosso sorriso stampato sul viso,
ed il trucco che ormai fa parte di te.
Nella voce e nei gesti,
un po’ mimo e un po’ attore
sai far tacere il tuo cuore
t’illudi di tornare bambino
dimentichi in quegl’istanti la tua tristezza.
Cadi, rialzati, ubriacati,
balla, grida, scherza
e noi saremo lì,
a guardarti, a ridere, ad applaudirti
sei un attore e come tale devi essere trattato.
Nessuno di noi in platea si domanderà chi sei,
proprio nessuno si preoccuperà delle tue sofferenze,
per noi sei solo un pagliaccio
una maschera e nulla più
ci interessi per come appari, non per quello che sei.
Quando le luci del palco si spegneranno,
tu ti troverai solo con te stesso
come sempre del resto
e l’immagine tua vera riflessa
non potrà più far ridere.
Non sarai in grado di mentire
e quel grosso sorriso si trasformerà in lacrima
una lacrima amara
che scenderà sul tuo viso
fino a scioglierne il trucco.
Ti auguro, caro pagliaccio
che la tua vita sia come la scena
felice e divertente
e che tolta quella maschera
non ci sia più il vuoto.





LA RAGAZZINA CHE GUARDA IL MARE

Appoggiata al muretto
la ragazzina guarda il suo mare
attenta, rapita, sognante.
Quel sole giallo
enorme palla lucente di remoti giochi infantili
saluta il giorno che muore regalando i colori più belli.
Il mare dolcemente si trasfoma in adolescente
poi in padre comprensivo
e penetra nell'anima di quella ragazzina.



QUELLA STRANA RAGAZZA

Magia di una notte di luna piena.
Non riuscivo a dormire.
Le tende bianche svolazzavano leggere
e una chiara luce illuminava la stanza.
Il respiro del mare arrivava alle mie orecchie
il richiamo era troppo grande per resistere.
Una figura
dai lunghi capelli biondi,
innamorata del suo mare
veniva verso di me.
Il suo sorriso era dolce
i suoi occhi tristi,
quella strana ragazza confidava al mare sogni e segreti
sicura che mai nessuno li avrebbe rubati.
Disperato io la chiamavo
in quella notte di luna piena,
avevo bisogno che qualcuno mi ascoltasse
sognasse per me.
E lei era già là
a piedi scalzi,
sulla sabbia umida e fresca,.
si lasciava accarezzare dalle onde.
I suoi occhi erano quelli del mare
guardavano la luna e il suo chiarore
inseguivano i suoi desideri,
rincorrevano i suoi sogni.
La luna
era alta nel cielo,
la sua luce argentea
illuminava il mare.
Gli occhi di quella strana ragazza
seguivano il ritmo delle onde,
la vedevo correre,
ritornare a vivere.





I TUOI SEGRETI

L'immensità che ti porti dentro
è come il mare.
Non scorgo l'orizzonte
del tuo essere.
Cielo e acqua si fondono
nella tetra nebbia della tua solitudine.
Non ci sono velieri di speranze in te,
e nemmeno alghe
che possano attaccarsi agli scogli.
Rifiuti la mia àncora di salvezza:
perchè ti lasci annegare così?
Preferisci naufragare nelle tue paure
per poi morire
nel vento e nella tempesta del tuo dolore.
Non posso far nulla se non ti lasci aiutare,
darei la mia vita per te.
E come un marinaio sconfitto
vago alla scoperta dei tuoi segreti.






ANIMA INQUIETA

La mia anima inquieta
di naufrago Ulisse,
non ha smesso
di navigare;
non ha porto
cui fare ritorno,
non ha lidi
sui quali approdare,
è perdutamente libera.
Dolce sirena,
più del tuo canto
mi vince il silenzio.






LE ALI DELL'ANIMA

C'è un momento nell'universo
in cui il cielo
incontra il mare.
Ed è proprio in quell'istante
che le ali dell'anima
iniziano a volare...






LA POESIA DEL GABBIANO

E' arrivata esultante
la stagione del gabbiano,
è tempo di migrare
verso terre lontane
per scoprire nuovi segreti,
nuove sensazioni.
Un nuovo giorno è oggi
per spiccare il volo
sulla superficie del mare aperto,
sull'orlo dell'oceano,
per volteggiare sulla cresta dell'onda.
Vola nel vento gabbiano!
vola più in alto che puoi!
non ti fermare.
La mia penna
saranno le tue ali,
i miei versi
la tua scia.
claudiocisco
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frischeru
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Messaggio  Admin Dom 8 Nov 2009 - 19:50

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