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Vittorino Andreoli
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Vittorino Andreoli
da Wikipedia:
Biografia
Si laurea in medicina e chirurgia all'Università di Padova dedicandosi successivamente alla ricerca sperimentale scegliendo l'encefalo come organo di indagine.
Da studente, nel 1961, parte per Parigi dove incontra Jean Dubuffet, ricchissimo commerciante di vino che aveva elaborato, agli inizi degli anni quaranta, una teoria rivoluzionaria che riteneva che l'arte non dovesse avere nulla a che fare con le accademie ed il sapere. Mise insieme una nutrita collezione di opere tutte create da malati di mente e da altre categorie lontane dal condizionamento culturale. Fu creato così il Musée de l'Art brut. Andreoli lo visita e decide di esporre le opere di un ricoverato del manicomio di Verona e diventa uno dei soci del movimento.
Dopo essersi laureato lavora in Inghilterra all'Università di Cambridge e negli Stati Uniti alla Cornell University di New York dove scrive alcuni testi psichiatrici. In questo periodo è assistente all'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano, dove si rivolge alla ricerca neuropsicofarmacologica. Il comportamento dell'uomo e la follia diventano ben presto il fulcro dei suoi interessi e ciò determina una svolta nel suo impegno verso la neurologia e successivamente la psichiatria, discipline di cui diventa specialista. Lavora alla Harvard University col Prof. S.S.Kety, con un'impostazione psichiatrica che sembra permettere l'integrazione tra interessi biologici sperimentali e clinica.
E' stato direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona - Soave. È membro della New York Academy of Sciences. È presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association. Si oppone fermamente alla concezione lombrosiana del delitto secondo cui il crimine veniva commesso necessariamente da un malato di mente, e sostiene la compatibilità della normalità con gli omicidi più efferati.
Nel periodo compreso tra il 1962 e il 1984 egli formula, e per certi aspetti anticipa, l'importanza della plasticità encefalica come "luogo" per la patologia mentale e, dunque, sostiene che l'ambiente contribuisce a strutturare la biologia della follia insieme all'eredità genetica.
È autore di libri che spaziano dalla medicina, alla letteratura alla poesia, e collabora con la rivista Mente e Cervello e con il giornale Avvenire[1]. Per l'emittente Sat 2000 ha realizzato alcune serie di programmi, dalla durata di circa 30 minuti, dedicati alla famiglia (Una sfida chiamata famiglia), gli adolescenti (Adolescente TVB) e le persone anziane (W i nonni).
Biografia
Si laurea in medicina e chirurgia all'Università di Padova dedicandosi successivamente alla ricerca sperimentale scegliendo l'encefalo come organo di indagine.
Da studente, nel 1961, parte per Parigi dove incontra Jean Dubuffet, ricchissimo commerciante di vino che aveva elaborato, agli inizi degli anni quaranta, una teoria rivoluzionaria che riteneva che l'arte non dovesse avere nulla a che fare con le accademie ed il sapere. Mise insieme una nutrita collezione di opere tutte create da malati di mente e da altre categorie lontane dal condizionamento culturale. Fu creato così il Musée de l'Art brut. Andreoli lo visita e decide di esporre le opere di un ricoverato del manicomio di Verona e diventa uno dei soci del movimento.
Dopo essersi laureato lavora in Inghilterra all'Università di Cambridge e negli Stati Uniti alla Cornell University di New York dove scrive alcuni testi psichiatrici. In questo periodo è assistente all'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano, dove si rivolge alla ricerca neuropsicofarmacologica. Il comportamento dell'uomo e la follia diventano ben presto il fulcro dei suoi interessi e ciò determina una svolta nel suo impegno verso la neurologia e successivamente la psichiatria, discipline di cui diventa specialista. Lavora alla Harvard University col Prof. S.S.Kety, con un'impostazione psichiatrica che sembra permettere l'integrazione tra interessi biologici sperimentali e clinica.
E' stato direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona - Soave. È membro della New York Academy of Sciences. È presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association. Si oppone fermamente alla concezione lombrosiana del delitto secondo cui il crimine veniva commesso necessariamente da un malato di mente, e sostiene la compatibilità della normalità con gli omicidi più efferati.
Nel periodo compreso tra il 1962 e il 1984 egli formula, e per certi aspetti anticipa, l'importanza della plasticità encefalica come "luogo" per la patologia mentale e, dunque, sostiene che l'ambiente contribuisce a strutturare la biologia della follia insieme all'eredità genetica.
È autore di libri che spaziano dalla medicina, alla letteratura alla poesia, e collabora con la rivista Mente e Cervello e con il giornale Avvenire[1]. Per l'emittente Sat 2000 ha realizzato alcune serie di programmi, dalla durata di circa 30 minuti, dedicati alla famiglia (Una sfida chiamata famiglia), gli adolescenti (Adolescente TVB) e le persone anziane (W i nonni).
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