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Messaggio  alphonsedoria Dom 16 Gen 2011 - 7:39

Kitib è un onomatopeico ironico di Kitab. Kitab è la traduzione in siciliano dell’aramaico Ketubàh. Precisamente in lingua siciliana diciamo: né kitib né kitab. Volendo significare: senza tante cerimonie (formalità). Ancora oggi si usa e molti lo scrivono né chitibi e né chitabi, ed erroneamente alcuni mettono davanti senza, dico erroneamente perché già il senza è nella frase stessa ed è solo un errore e non un rafforzativo. Ma cosa è il Ketubàh? Significa ciò ch’è scritto, contratto. Era l’atto di matrimonio tra due giovani ebrei che potevano sposarsi solo dopo aver compiuto 18 anni. In ricordo dell’Esodo dall’Egitto il matrimonio si celebrava sotto una speciale tenta (baldacchino ornato per l’occasione). L’atto di matrimonio, il ketubàh, veniva scritto da rabbino in presenza di uno scriba in ebraico ed in aramaico, per produrre gli effetti giuridici era indispensabile che un notaio doveva trascriverlo in lingua siciliana, tutto avveniva in una forma molto solenne. Tale atto eseguiva per quanto riguardava la legge ebraica affinché i due giovani divenivano marito e moglie ed era un autentico contratto dove venivano elencati gli oggetti dati in dote alla sposa in maniera puntigliosa uno per uno con descrizione di ognuno. Le donne ebraiche potevano praticare il commercio, curare gli ammalati, praticare varie attività quasi a parità degli uomini. E potevano chiedere anche il divorzio, riavere i beni portati in dote trascritti nel Ketubàh. La cerimonia prima della produzione del Ketubàh è molto simile a quando succedeva in Sicilia fino a gli anni ’60. Obadyah da Bertinoro descrive appunto l’uscita della sposa dalla casa. Poi ella percorreva tutte le vie della giudecca a cavallo proceduta dai bambini festosi e urlanti e gli invitati tutti a seguito a piedi diretti verso dove era allestita la tenda, oppure nella sinagoga.
Un esempio letterario a Siculiana di quanto precisato prima lo troviamo nel libro di Stefano Bissi Sciuriddi di lu me paisi (Edizione Centro Culturale “L. Pirandello” Agrigento Palermo – 1982) a pagina 111 nella poesia Peppi Nasca dove si narra di una causa alla Pretura di Siculiana tra due personaggi locali, un divertente aneddoto siculianese, ecco la quartina interessata:
Ccà pi la Liggi ‘un ci su fissa o babbi:
E’ veru o Peppi Nasca, mastrudascia,
ca, senza né chitibi e né chitabi,
pigliastivu a Maridda pi bagascia?-
L’Autore nella nota 5 a pagina 112 scrive la seguente traduzione: Né chitibi e ne chitabi – senza un motivo. Sarà sicuramente una deformazione del significato originale, però sostituendo con senza tante cerimonie, non solo il senso non cambia, ma prende ancor di più vita e autenticità, ciò è naturalmente opinabile ed è dovuto il rispetto dell’Autore. Certamente manifesta una traccia della memoria storica degli Ebrei a Siculiana. Il professore Scarcella nell’opera già citata nella nota 1 ha scritto a pagina 67:
“Nella cittadina di Siculiana non s’istallò mai una comunità ebraica, vi furono, invece. Delle momentanee presenze di commercianti giudaici, che effettuavano scambi coi mercanti locali. Soltanto qualche giudeo risulta residente nella cittadina, confuso tra la popolazione locale. Nonostante ciò la sparuta schiera semitica conservò gli elementi identificatori della sua cultura. Questi flebili ricordi storici, rilevabili in qualche istallazione, trovano segno nella Chiesa Madre, presso l’altare maggiore con un’iscrizione. Invero, ve n’è un’altra, incisa su alabastro e composta di due righe e venticinque lettere, con cui si ricorda che, “dal 1478 , Samuele, il figlio di RabbiYona, riposa in paradiso.” Vi s’esprime, infine, con il riporto delle armi dei due casati Aragona e Castiglia, la felice unione dei due regni sotto Isabella e Ferdinando I. L’incredibile comportamento di quest’accoppiata infima di bestie umane non è possibile identificarla con altri personaggi se non direttamente con il loro figlio putativo, l’esclusivo Adolf Hitler. Nella Chiesa Madre fu scoperta una solitaria tomba. Sono riportate, inoltre, nel santuario alcune scene bibliche interessanti, sculture egregie d’artisti del XV secolo, ascrivibili a valente mano d’uno scultore ebraico. Trattasi d’un fatto eccezionale, che va rimarcato per la singolarità dell’episodio. Nessun’altra scultura d’autore giudaico è riscontrabile in qualsiasi altro paese. La difficoltà d’interessamento d’un ebreo all’arte della scultura è intrinseca alla sua cultura religiosa. Infatti, la Bibbia esprime contrarietà sulle riproduzioni dei volti umani maschili e femminili. Tutto questo scaturiva dal pericolo che il popolo potesse incorrere nell’idolatria, magari con la rappresentazione di Dio, di cui l’ebraismo vietava finanche la pronuncia. Tutto il tempio gode in ogni sua parte d’una commissione artistica di diversa provenienza, da cui deriva una pregevole sintesi culturale tra la civiltà cristiana e quella giudaica.”
Come si evince ci sono diverse inesattezze sia di posizionamento del sarcofago che di altro, ma questo richiamo nel libro è meritevole per avere espresso la singolarità delle otto formelle in alabastro rosso posizionate nel battistero della Chiesa Madre di Siculiana.
Ora grazie all’opera di promozione dell’Associazione Pro Loco di Siculiana, dove io opero, il sarcofago e le otto formelle sono già meta turistica di molti gruppi di visitatori. Ecco come ho descritto personalmente in una di queste visite alla Chiesa Madre, precisamente come da relazione del 19 agosto 2007 :
“ Il battistero è una cappella a pianta rotonda nel lato sinistro della navata non appena il primo altare. Contiene otto colonne di stucco alla parete dove si aprono nicchie incavate ad ornamento. Nelle nicchie vi sono diversi simulacri: San Calogero, l’Addolorata, Santa Lucia, Santa Agnese(?). A centro vi è un tempietto quadrangolare coperto da un volta sostenuta da quattro pilastri lignei dalle colonne raddoppiate, opera del maestro Mariano Musso di Chiusa costruito nel 1848 destinato per la vara del SS. Crocifisso. A centro del tempietto su una lastra di marmo sostenuta a sua volta da un pilastro con spirali ai quattro lati vi è la vasca battesimale di forma rettangolare di marmo bianco con venature rossastre, monolitica. Il lato che si presenta al visitatore mostra due stemmi gentilizi che intaccano le cornici ed una scritta di 25 consonanti ebraiche tradotte da monsignore Benedetto Rocco dopo la segnalazione del professore Paolo Fiorentino. La traduzione: “Nell’anno 5.235: Samuele, figlio di Rabbi Yona(Sib’on). Riposi nell’Eden.” (5.235 togliendo 3.760 anni della creazione del mondo secondo la Bibbia calcolata alla maniera ebraica tradizionale si ha l’esatto anno dell’era cristiana: 1475). Lo stemma di destra è della dinastia aragonese in Sicilia; l’altro di Leon e Castiglia. Proprio nel 1469 Ferdinando il Cattolico (re di Aragona e di Sicilia) aveva sposato Isabella (erede del trono di Castiglia). Nel 1474 era avvenuta la fusione. Il Rocco dice che l’inserire i due stemmi dal committente fa pensare ad una precisa volontà benaugurale per questa unione e mostrare così la propria fedeltà di suddito feudale. Fu tutt’altro, nel 1492 vi fu la cacciata degli Ebrei da tutti i domini spagnoli. Ora un mezzo mistero è che non risulta da nessun archivio siciliano l’espulsione di ebrei da Siculiana. La loro presenza in quell’epoca è sicura anche da atti notarili, come quello nell’archivio di Sciacca (Notaio Liotta Andrea volume I IV novembre 1434 XIII Indizione A.S. Sciacca) dell’ebreo Xabono del 1435 il quale scelse il fortilizio di Siculiana, in quell’epoca porto franco, sicuramente in quanto abitato da una comunità ebraica. Questo sarcofago del piccolo Samuele prima del restauro presentava delle incrostazioni, murati attorno vi erano otto formelle di pietra alabastrina (cm. 16x24) dove in bassorilievo vi sono raffigurate delle scene dell’Antico Testamento (forse unico esempio di arte sacra figurata ebraica in Sicilia). Raffiguranti:
-Davide che uccide Golia,
-il trasporto dell’Arca a Gerusalemme e Davide suona la cetra,
-Giuseppe e i fratelli,
-Giuseppe che riceve il padre,
-Giona vomitato dal mostro marino,
-Giobbe su un letamaio vicini la moglie e due amici,
-il sacrificio di Isacco,
-Isacco che benedice Giobbe.
Ora si possono notare in basso lungo le pareti dell’elegante cappella, rispettivamente in senso orario, a mio avviso, la bellezza e l’unicità internazionale, perciò per l’importanza meriterebbero una visibilità maggiore.
In conclusione vorrei fare notare la ricchezza della Lingua Siciliana piena di storia e cultura dei vari Popoli che hanno contribuito alla sua unicità pertanto occorrerebbe una giusta attenzione da parte delle istituzioni e non la solita denigrazione e a volte demonizzazione identificandola come la lingua dei cattivi. Principalmente è interesse di tutti noi Siciliani la salvaguardia del nostro patrimonio culturale sia materiale che immateriale come la nostra Lingua Siciliana per non commettere l’obbrobrio a gli occhi dei nostri figli di averli privati della loro identità culturale lasciandoli senza passato.




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Messaggio  Flavia Vizzari Dom 16 Gen 2011 - 9:49

Senza tante cerimonie? Cioè sbrigati? ...

Noi a messina diciamo :

"dai, senza nnìchiti e nnàchiti ... fozza! Spicciti" ....


è la stessa cosa?
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Messaggio  alphonsedoria Mar 18 Gen 2011 - 20:17

mentre ne chitibi e ne chitabi è riferito alla parola scritta o orale, massimo ad un cerimoniale, nnìchiti e nnàchiti è basato sul moviment, l'azione e proviene dal verbo annacari, pertanto è una esprressione onomatopeica che signiifica dondolandolarsi come i santi in processione.
Grazie per avermi risposto, spero che il mio contributo sia di tuo gradimento, un abbraccio.

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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 18 Gen 2011 - 22:35

alphonsedoria ha scritto:mentre ne chitibi e ne chitabi è riferito alla parola scritta o orale, massimo ad un cerimoniale, nnìchiti e nnàchiti è basato sul moviment, l'azione e proviene dal verbo annacari, pertanto è una esprressione onomatopeica che signiifica dondolandolarsi come i santi in processione.
Grazie per avermi risposto, spero che il mio contributo sia di tuo gradimento, un abbraccio.

è di mio gradimento nel senso se l'ho capita? ... Purtoppo mi sono imbattuta sullo studio della Lingua siciliana solo da qualche anno ed ho parecchie lacune :-(

Non ho ben capito se si tratta degli stessi termini con funzioni diverse oppure no °_°

Grazie Alphonse cheers
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Messaggio  alphonsedoria Mer 19 Gen 2011 - 13:43

Al massimo se mi sono spiegato bene io, non mi peremetterei mai di pensare se uno ha capito o meno. Tanto è vero che mi sono spiegato male. Mentre ne chitibi e ne chitabi, viene dall'ebraico, nichiti e nacati è una forma onomatopeica derivata dal verbo annacari, La Lingua Siciliana è piena di queste espressioni che talaltro si somigliano, ma hanno significati e origini diverse.
Un caro saluto Flavia e un abbraccio
Alphonse

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Messaggio  Admin Mer 19 Gen 2011 - 14:33

alphonsedoria ha scritto:Al massimo se mi sono spiegato bene io, non mi peremetterei mai di pensare se uno ha capito o meno. Tanto è vero che mi sono spiegato male. Mentre ne chitibi e ne chitabi, viene dall'ebraico, nichiti e nacati è una forma onomatopeica derivata dal verbo annacari, La Lingua Siciliana è piena di queste espressioni che talaltro si somigliano, ma hanno significati e origini diverse.
Un caro saluto Flavia e un abbraccio
Alphonse

Grazie Alphonse cheers sono caduta in quest'errore ;o) perchè dunque ne chitibbi e ne chitabbi non l'ho mai sentita drunken

Alphonse, posso invitarti ad aprire un tuo Topic e parlarci di te? Mi farebbe piacere se inserissi anche una tua foto per Avatar NE CHITIBBI NE CHITABBI 78942 ... così da conoscerci meglio NE CHITIBBI NE CHITABBI 63550 NE CHITIBBI NE CHITABBI 72666 NE CHITIBBI NE CHITABBI 800666 NE CHITIBBI NE CHITABBI 616184 NE CHITIBBI NE CHITABBI 9564
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Messaggio  alphonsedoria Mar 25 Gen 2011 - 17:13

Sicuro, Grazie Flavia, scusami il ritardo della risposta, non so come inserire l'immagine ci proverò più tardi, un abbraccio

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Messaggio  Admin Lun 4 Giu 2012 - 16:10

Hai da consigliarmi qualche Dizionario Etimologico della Lingua Siciliana (non costoso:-)) ? Grazie!
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