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Parità tra uomo e donna
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FORUM - SEMINARIO di ARTE e POESIA - LINGUA SICILIANA :: SEMINARIO ARTE e POESIA :: Idee e Opinioni sull'Arte e la Poesia
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Parità tra uomo e donna
La parità tra l’uomo e la donna come patrimonio universale dell’umanità
Grazie al progresso scientifico che ha migliorato notevolmente le condizioni generali di vita dell’umanità ed alle numerose, anche cruente, battaglie d’emancipazione del secolo scorso, la donna sta meritatamente acquisendo, dopo un’ultramillenaria sottomissione ed un’ingiusta, mortificante emarginazione sociale, gli stessi diritti e doveri dell’uomo e la necessaria libertà a poter autonomamente decidere il suo ruolo nella società. Questa condizione d’uguaglianza, di libertà di scelta e d’operare, le sta consentendo d’assumere nell’ambito sociale posizioni di vertice e di direzione sempre maggiori, alcune delle quali, fino a pochi decenni fa, d’esclusiva prerogativa degli uomini.
Il raggiungimento, e il consequenziale legittimo svolgimento, di questo ruolo d’alta responsabilità nel campo della vita pubblica e privata, unitamente a quelli tradizionali ed impareggiabili di moglie e di madre, la fanno oggettivamente essere, anche per gli eccellenti risultati in essi raggiunti, pari all’uomo, rispetto ai ruoli da questi esercitati di comando, di marito e di padre.
Questa situazione di meritata parità sociale della donna con l’uomo deve diventare patrimonio universale dell’umanità per l’indiscutibile valore storico e per l’incidenza nei rapporti sociali, economici e culturali nei e tra i vari Paesi del mondo, stante il protrarsi in alcuni di essi di retrograde concezioni religiose. La donna e l’uomo, invero, sono carne della stessa carne, ab origine fatti uguali dallo stesso creatore, chiamato comunemente Dio dai credenti e natura dai non credenti. Essendo tutti e due della stessa sostanza ed avendo per progenie la stessa origine, cioè, essendo simili, se ne deve ragionevolmente dedurre che in quanto tali, nel rispetto della loro differenza di sesso, sono potenzialmente in grado di conseguire i medesimi traguardi.
Per queste ragioni alla donna, al pari dell’uomo, devono essere riconosciuti gli stessi diritti e doveri, devono essere garantite eguali condizioni di vita sociale e politica, deve essere dato il ruolo di protagonista nel mondo del lavoro e della famiglia, nella società in generale, specie in un periodo in cui per ottenerli non è più fondamentale la forza muscolare dei maschi ma quella femminile di entrambi.
La privazione di tali sacrosanti diritti deriva in gran parte da una concezione precristiana della donna come essere inferiore che ha giustificato per tanti secoli il suo ruolo subalterno, lo stato di sottomissione, di passività sociale, a volte di schiavitù, in cui l’uomo, con prepotenza e disprezzo, magari per cupidigia di comando, l’ha pervicacemente relegata. Per abbattere questa mentalità secolare d’ingiustificata, disumana avversione verso la donna, ci sono voluti tanti anni di lotte, che devono continuare in tutti i Paesi del mondo, specie in quelli orientali, ove le resistenze alla sua totale emancipazione sono molto forti per avere profonde radici nel tessuto sociale, tuttora cosparsi di pregiudizi, ostilità ed interessi d’ogni genere non facili da estirpare. I numerosi casi di violenza sulle donne, accaduti recentemente con frequenza anche in Italia, stanno a dimostrare che per molti uomini esse sono un mero oggetto di divertimento, non delle persone da rispettare.
La donna, in quanto dotata, al pari dell’uomo, d’intelligenza, ossia, della stessa capacità, d’intendere, di pensare, di giudicare, in altre parole di comprensione e dominio della realtà, ha le medesime possibilità di competere per il conseguimento degli identici ruoli sociali, anche di quelli più prestigiosi, e di contribuire parimenti al progresso della società. In questo senso, deve farsi carico, insieme e al pari dell’uomo, dei problemi sociali. La sua posizione deve essere, in altre parole, d’uguale assunzione di responsabilità, con evidente beneficio sul piano dei rapporti uomo-donna e per la società in generale, giacché, da un diverso ruolo della donna nella società, ne deriva un equilibrato loro rapporto ed un miglioramento sociale.
Per quanto riguarda, invece, la presunta superiorità della donna sull’uomo, non abbiamo, allo stato attuale, alcuna prova, alcuna certezza. Sappiamo soltanto che la donna, perché mamma, ha più sviluppato la parte emotiva, che la rende maggiormente sensibile alle questioni affettive, più adatta ad amare e con un maggiore senso di concretezza nella soluzione dei problemi, rispetto all’uomo, che è meglio vocato alle fantasticherie, alle avventure. Questa semplice constatazione non ci autorizza, però, in nessun modo a dedurre che la donna, avendo parimenti sviluppati i due emisferi cerebrali, cioè la parte intellettiva e quella emotiva, soprattutto nella conversazione, sia più intelligente, e, quindi, superiore all’uomo che in tale campo, al contrario, impegna un solo emisfero cerebrale.
La risposta a tale ardita ipotesi si potrà avere in futuro, quando la scienza avrà esplorato, misurato l’ampiezza delle capacità del cervello umano.
Oggi, è già difficile dare una definizione esatta dell’intelligenza umana, poiché essa si modifica nel tempo, da luogo a luogo, secondo momenti ed ambienti differenti.
In tale attesa, accettiamo fiduciosamente, con rispetto e tolleranza, una civile e proficua competizione tra l’uomo e la donna allo scopo di realizzare, in tutte le parti del mondo, la loro parità e nello stesso tempo il progresso dell’intera umanità.
Giuseppe Sammartino
Grazie al progresso scientifico che ha migliorato notevolmente le condizioni generali di vita dell’umanità ed alle numerose, anche cruente, battaglie d’emancipazione del secolo scorso, la donna sta meritatamente acquisendo, dopo un’ultramillenaria sottomissione ed un’ingiusta, mortificante emarginazione sociale, gli stessi diritti e doveri dell’uomo e la necessaria libertà a poter autonomamente decidere il suo ruolo nella società. Questa condizione d’uguaglianza, di libertà di scelta e d’operare, le sta consentendo d’assumere nell’ambito sociale posizioni di vertice e di direzione sempre maggiori, alcune delle quali, fino a pochi decenni fa, d’esclusiva prerogativa degli uomini.
Il raggiungimento, e il consequenziale legittimo svolgimento, di questo ruolo d’alta responsabilità nel campo della vita pubblica e privata, unitamente a quelli tradizionali ed impareggiabili di moglie e di madre, la fanno oggettivamente essere, anche per gli eccellenti risultati in essi raggiunti, pari all’uomo, rispetto ai ruoli da questi esercitati di comando, di marito e di padre.
Questa situazione di meritata parità sociale della donna con l’uomo deve diventare patrimonio universale dell’umanità per l’indiscutibile valore storico e per l’incidenza nei rapporti sociali, economici e culturali nei e tra i vari Paesi del mondo, stante il protrarsi in alcuni di essi di retrograde concezioni religiose. La donna e l’uomo, invero, sono carne della stessa carne, ab origine fatti uguali dallo stesso creatore, chiamato comunemente Dio dai credenti e natura dai non credenti. Essendo tutti e due della stessa sostanza ed avendo per progenie la stessa origine, cioè, essendo simili, se ne deve ragionevolmente dedurre che in quanto tali, nel rispetto della loro differenza di sesso, sono potenzialmente in grado di conseguire i medesimi traguardi.
Per queste ragioni alla donna, al pari dell’uomo, devono essere riconosciuti gli stessi diritti e doveri, devono essere garantite eguali condizioni di vita sociale e politica, deve essere dato il ruolo di protagonista nel mondo del lavoro e della famiglia, nella società in generale, specie in un periodo in cui per ottenerli non è più fondamentale la forza muscolare dei maschi ma quella femminile di entrambi.
La privazione di tali sacrosanti diritti deriva in gran parte da una concezione precristiana della donna come essere inferiore che ha giustificato per tanti secoli il suo ruolo subalterno, lo stato di sottomissione, di passività sociale, a volte di schiavitù, in cui l’uomo, con prepotenza e disprezzo, magari per cupidigia di comando, l’ha pervicacemente relegata. Per abbattere questa mentalità secolare d’ingiustificata, disumana avversione verso la donna, ci sono voluti tanti anni di lotte, che devono continuare in tutti i Paesi del mondo, specie in quelli orientali, ove le resistenze alla sua totale emancipazione sono molto forti per avere profonde radici nel tessuto sociale, tuttora cosparsi di pregiudizi, ostilità ed interessi d’ogni genere non facili da estirpare. I numerosi casi di violenza sulle donne, accaduti recentemente con frequenza anche in Italia, stanno a dimostrare che per molti uomini esse sono un mero oggetto di divertimento, non delle persone da rispettare.
La donna, in quanto dotata, al pari dell’uomo, d’intelligenza, ossia, della stessa capacità, d’intendere, di pensare, di giudicare, in altre parole di comprensione e dominio della realtà, ha le medesime possibilità di competere per il conseguimento degli identici ruoli sociali, anche di quelli più prestigiosi, e di contribuire parimenti al progresso della società. In questo senso, deve farsi carico, insieme e al pari dell’uomo, dei problemi sociali. La sua posizione deve essere, in altre parole, d’uguale assunzione di responsabilità, con evidente beneficio sul piano dei rapporti uomo-donna e per la società in generale, giacché, da un diverso ruolo della donna nella società, ne deriva un equilibrato loro rapporto ed un miglioramento sociale.
Per quanto riguarda, invece, la presunta superiorità della donna sull’uomo, non abbiamo, allo stato attuale, alcuna prova, alcuna certezza. Sappiamo soltanto che la donna, perché mamma, ha più sviluppato la parte emotiva, che la rende maggiormente sensibile alle questioni affettive, più adatta ad amare e con un maggiore senso di concretezza nella soluzione dei problemi, rispetto all’uomo, che è meglio vocato alle fantasticherie, alle avventure. Questa semplice constatazione non ci autorizza, però, in nessun modo a dedurre che la donna, avendo parimenti sviluppati i due emisferi cerebrali, cioè la parte intellettiva e quella emotiva, soprattutto nella conversazione, sia più intelligente, e, quindi, superiore all’uomo che in tale campo, al contrario, impegna un solo emisfero cerebrale.
La risposta a tale ardita ipotesi si potrà avere in futuro, quando la scienza avrà esplorato, misurato l’ampiezza delle capacità del cervello umano.
Oggi, è già difficile dare una definizione esatta dell’intelligenza umana, poiché essa si modifica nel tempo, da luogo a luogo, secondo momenti ed ambienti differenti.
In tale attesa, accettiamo fiduciosamente, con rispetto e tolleranza, una civile e proficua competizione tra l’uomo e la donna allo scopo di realizzare, in tutte le parti del mondo, la loro parità e nello stesso tempo il progresso dell’intera umanità.
Giuseppe Sammartino
Giuseppe Sammartino- affiziunatu
Re: Parità tra uomo e donna
La risposta a tale ardita ipotesi si potrà avere in futuro, quando la scienza avrà esplorato, misurato l’ampiezza delle capacità del cervello umano.
State attenti uomini perchè se la scienza esplorerà il cervello umamo della donna e dell'uomo, magari riuscirà a scoprire che noi donne siamo più intelligenti
Re: Parità tra uomo e donna
La storia dei test sul quoziente d'intelligenza (QI) è controversa. È sempre stato oggetto di dibattito se ottenere un alto punteggio sia un metodo accurato per misurare l'intelligenza assoluta. Spesso i risultati dei test sul QI sono stati usati impropriamente per sostenere la superiorità di una razza su un'altra, o di un sesso (quello maschile) sull'altro. E tuttavia i test vengono abitualmente utilizzati come sistema di analisi in ambito accademico, lavorativo, sociologico.
Una cosa è certa: negli ultimi decenni, i punteggi medi hanno continuato progressivamente a salire, sia per gli uomini
che per le donne. Proprio una scoperta del professor Flynn, negli anni '80, ha stabilito che, perlomeno nei Paesi occidentali, i risultati dei test crescono mediamente di tre punti ogni decennio, per cui un europeo odierno dovrebbe ottenere un punteggio di trenta punti più alto dei suoi nonni o bisnonni. "È una conseguenza della modernità", dice Flynn al Sunday Times, "la complessità del mondo moderno ha spinto i nostri cervelli ad adattarsi e ha fatto crescere il nostro QI".
Ma la modernità, aggiunge lo studioso, sembra avere agito da stimolo più sulle donne che sugli uomini. I dati da lui raccolti indicano infatti che il QI femminile è cresciuto ancora di più di quello maschile. Il risultato è che in certe nazioni, come l'Australia, maschi e femmine ottengono ora in media un punteggio identico. In altri Paesi, come la Nuova Zelanda, l'Estonia e l'Argentina, dove il professor Flynn ha iniziato le sue ricerche, le donne hanno adesso superato gli uomini. Un evento significativo, poiché è la prima volta che accade su larga scala.
Due le teorie per spiegare il fenomeno. Una è che le donne d'oggi, costrette a una vita multitasking in cui devono giostrare allo stesso tempo famiglia e lavoro, abbiano sviluppato una maggiore intelligenza. L'altra è che abbiano sempre avuto potenzialmente un'intelligenza superiore agli uomini, ma solo adesso possano esprimerla, perché più libere di avere un ruolo autonomo. "Le donne sono state per secoli il sesso svantaggiato, represso", commenta Flynn. "Ora che sono diventate indipendenti si vede meglio quanto valgono".
Emma Gordon, una studentessa laureatasi alla Bristol University con il massimo dei voti, concorda: "Oggi è diventato socialmente accettabile che una donna sia più intelligente di un uomo e i dati scientifici lo dimostrano". Helena Jamieson, uscita da Cambridge con un dottorato, crede che sia stato sempre così: "Sotto sotto noi donne abbiamo sempre saputo di essere più intelligenti degli uomini, ma in passato dovevamo attenerci allo stereotipo del "gentil sesso", perciò abbiamo lasciato credere che fossero più intelligenti loro".
(16 luglio 2012)
http://www.repubblica.it/scienze/2012/07/16/news/donne_pi_intelligenti_uomini-39121783/
Una cosa è certa: negli ultimi decenni, i punteggi medi hanno continuato progressivamente a salire, sia per gli uomini
che per le donne. Proprio una scoperta del professor Flynn, negli anni '80, ha stabilito che, perlomeno nei Paesi occidentali, i risultati dei test crescono mediamente di tre punti ogni decennio, per cui un europeo odierno dovrebbe ottenere un punteggio di trenta punti più alto dei suoi nonni o bisnonni. "È una conseguenza della modernità", dice Flynn al Sunday Times, "la complessità del mondo moderno ha spinto i nostri cervelli ad adattarsi e ha fatto crescere il nostro QI".
Ma la modernità, aggiunge lo studioso, sembra avere agito da stimolo più sulle donne che sugli uomini. I dati da lui raccolti indicano infatti che il QI femminile è cresciuto ancora di più di quello maschile. Il risultato è che in certe nazioni, come l'Australia, maschi e femmine ottengono ora in media un punteggio identico. In altri Paesi, come la Nuova Zelanda, l'Estonia e l'Argentina, dove il professor Flynn ha iniziato le sue ricerche, le donne hanno adesso superato gli uomini. Un evento significativo, poiché è la prima volta che accade su larga scala.
Due le teorie per spiegare il fenomeno. Una è che le donne d'oggi, costrette a una vita multitasking in cui devono giostrare allo stesso tempo famiglia e lavoro, abbiano sviluppato una maggiore intelligenza. L'altra è che abbiano sempre avuto potenzialmente un'intelligenza superiore agli uomini, ma solo adesso possano esprimerla, perché più libere di avere un ruolo autonomo. "Le donne sono state per secoli il sesso svantaggiato, represso", commenta Flynn. "Ora che sono diventate indipendenti si vede meglio quanto valgono".
Emma Gordon, una studentessa laureatasi alla Bristol University con il massimo dei voti, concorda: "Oggi è diventato socialmente accettabile che una donna sia più intelligente di un uomo e i dati scientifici lo dimostrano". Helena Jamieson, uscita da Cambridge con un dottorato, crede che sia stato sempre così: "Sotto sotto noi donne abbiamo sempre saputo di essere più intelligenti degli uomini, ma in passato dovevamo attenerci allo stereotipo del "gentil sesso", perciò abbiamo lasciato credere che fossero più intelligenti loro".
(16 luglio 2012)
http://www.repubblica.it/scienze/2012/07/16/news/donne_pi_intelligenti_uomini-39121783/
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