L'alchidico o alkidico

Da Van Eyck in poi i pittori abbandonarono sempre più volentieri i colori ottenuti mischiando polvere di minerali con acqua o con l’uovo, preferendo loro la lucentezza e la trasparenza di quelli ottenuti usando come medium l’olio di lino o quello di noce.
Oggi è tutto più semplice e i colori si trovano già pronti in commercio in tubi di varie marche che hanno una ricca gamma di sfumature e non ingialliscono nel tempo.
I colori ad olio sono però molto viscosi e necessitano del un diluente (essenza di trementina o olio di lino, a seconda della corposità o fluidità che si vuole ottenere); è possibile usare in alternativa il petrolio, più economico e meno nocivo.
Esiste anche un olio nuovo, il Van GoghH2oil, che si diluisce con l’acqua.
Ma l’olio ha di negativo il fatto che non asciuga mai e se questa caratteristica è positiva, in quanto permette di velare e sfumare anche il giorno successivo, nello stesso tempo impedisce di lavorare velocemente, costringendo, tra un passaggio e l’altro, ad aspettare giorni, prima di poter procedere nel lavoro.
Per questo motivo molti pittori scelgono gli acrilici, colori sintetici, comparsi negli anni quaranta, che si diluiscono con l’acqua, molto comodi per la spatola, poiché asciugano nel giro di una mezz’ora.
Esistono però gli alkidici (o alchidici); che sono un compromesso tra olio e acrilico.
Possiedono la lucentezza e la trasparenza dell’olio ma, come l’acrilico, asciugano abbastanza rapidamente, poiché hanno come base l’alcol. Io ho anche sperimentato una tecnica mista, olio-alchidico, dipingendo parti con l’alchidico e parti con l’olio, ma è comunque possibile mischiare i due tipi di colori, direttamente sulla tavolozza.