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Archeologia a Messina

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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 14 Set 2010 - 8:11


Nel Febbraio del 1914, durante i lavori di scavo per le fondazioni della nuova sede della Prefettura di Messina, vicino la chiesa di S. Giovanni di Malta con la cripta di S. Placido, apparvero dapprima alcuni sporadici oggetti antichi, poi resti di mura e di edicole funebri, che richiamarono l’attenzione degli agenti della Soprintendenza degli scavi di Palermo.

Non si tardò a capire che lì, coperta da detriti alluvionali, vi era una vasta necropoli, la cui importanza venne intuita dal Prof. Salinas. Non poche furono le difficoltà di esplorazione di questa necropoli, tra cui il passaggio di Messina alla Soprintendenza di Siracusa, che solo nel mese di Settembre fu in grado di intervenire.

Da una parte le continue premure della società assuntrice dei lavori e del genio Civile , affinché non si intralciasse l’opera di scavo del vasto bacino di fondazione, dall’altra gli insistenti reclami della cittadinanza intellettuale, affinché si conservasse il più possibile di Messana antica, misero in grave imbarazzo i vari uffici. Alla fine la diatriba si concluse con la decisione di continuare l’esplorazione della necropoli, conservando le più importanti edicole negli scantinati della nuova prefettura.

Dall’esame dei banchi sedimentari alluvionali, causati dalle secolari inondazioni del torrentello Boccetta, si dedusse che la necropoli si sarebbe interrata tra II e III sec. d.C. e poiché ogni secolo aggiungeva nuovi depositi di sabbie, fanghiglia e ghiaiette, l’antico suolo della Messana romana si elevò in questo punto di m 3,50.

Il torrente Boccetta, probabilmente, segnava il limite fra la cinta urbana e la campagna, ed è perciò naturale l’ apparizione di una necropoli sulla sua sponda sinistra. È inoltre da osservare che il piano della necropoli e dei singoli recinti non è livellato perfettamente, per cause soprattutto sismiche, che, dal lato levante, determinavano un abbassamento di circa 30 cm.

Di questa necropoli non conosciamo né i limiti, né l’estensione. Era divisa in tante aree, o recinti, rettangolari, delimitate da muri, la cui altezza era di circa 2 m; quasi ogni recinto, o campiello funebre, faceva capo ad un’edicola principale, di forma quadrata, con zoccolatura in pietra e mattone, che rappresentava il nucleo originario, attorno al quale si era sviluppato l’aggregato; queste aree, infatti, erano collettive, di famiglie (γένη), o di corporazioni (collegia).

L’avanzato stato di rovina della necropoli non permise di stabilire quali recinti appartenessero alle famiglie e quali alle corporazioni. Probabilmente i più antichi sepolcri, riservati alla famiglia, erano quelli dell’edicola, mentre quelli esterni furono successivamente, per mancanza di sorveglianza, invasi dagli intrusi.

Anche fuori dai recinti vi erano dei sepolcri, con un segno esterno, quali tumuli a spiovente o arcuati e pietre tombali rettangolari, costruiti con solida muratura cementizia intonacata e dipinta di rosso, per proteggere la soprastante fossa, impedendo le esalazioni e con saldata sui fianchi la lapidetta recante il nome del defunto.

Era una delle prime volte che in Sicilia si segnalava una struttura tombale simile, che è perdurata fino ad oggi, nei poveri e montani cimiteri di alcune parti della Sicilia e della Calabria. Questa struttura sepolcrale rappresenta, inoltre, un evidente segno della transizione dal paganesimo al cristianesimo, quando, per la prima volta, si apporranno alle tombe le steli epigrafiche, appunto.

Con la necropoli della Prefettura l’archeologia siciliana acquisisce, quindi, una nuova forma di sepolcro, caratteristica di questa zona dell’isola, povera di rocce e di pietra da taglio; è infatti la condizione litografica che regola la struttura sepolcrale.

Le diverse forme sepolcrali riconosciute a S. Placido sono: recinti, edicole, tumuli a spiovente, pietre tombali in fabbrica, casse in muratura o di mattoni, di lastre marmoree, o di tegole alla cappuccina. A differenza di quanto avveniva nelle necropoli greche, i corredi funebri sono, in questa necropoli, quasi nulli, ad eccezione di pochi balsamari vitrei. Si sono riscontrati anche casi di ossilegium.

Il ritrovamento di un maggior numero di epigrafi latine, rispetto a quelle greche, fa intuire un veloce processo di romanizzazione di Messana , la cui grecità era stata turbata dall’invasione dei Mamertini, che, pur usando il greco, aprirono le porte alla latinizzazione della città; Messana, infatti, divenne “oppidum civium Romanorum” verso il 684, cioè prima che tutti gli altri Siculi ottenessero la cittadinanza da Cesare. La minor resistenza di Messana, rispetto a Rhegium, al processo di romanizzazione è, dunque, dimostrata anche dalla necropoli di S.Placido.

Alla luce del fatto che la popolazione della necropoli parlava per la maggior parte latino, una domanda sorge spontanea: la necropoli di S. Placido era riservata esclusivamente all’elemento latino? È probabilmente da escludere, perché si dovrebbe altrimenti pensare alla soppressione radicale di un intero popolo:quello greco, che continuava a sopravvivere all’epoca nell’immigrazione dei Levantini, giunti in Messana , per motivi commerciali.

Quanto alla cronologia della necropoli, dalle monete trovate nella bocca dei morti, e dall’esame dei titoli epigrafici, questa risalirebbe al I-II sec. dell’impero. La necropoli della Prefettura, in conclusione, arricchisce notevolmente le nostre conoscenze, così lacunose, sulla Messana di epoca romana; non si tratta di rivelazioni altamente storiche, ma sicuramente di dati topografici, rituali e di vita interna.


http://www.experiences.it/minisito_messina/messina_05_sanplacido.htm

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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 14 Set 2010 - 8:19

Angelo Montorsoli, Orione, part. del Fonte Orione. Messina, piazza Duomo.

I Greci attribuirono la fondazione di Zancle al re siculo Zanclo, il quale per abbellire e fortificare la città chiamò il gigante Orione noto, oltre che per la sua bellezza e bontà, anche per essere un bravissimo architetto e un cacciatore formidabile. Orione non era il primo gigante che era giunto in quei luoghi, infatti, il gigante Peloro, che in greco significa prodigio, secondo Esiodo, si era già stabilito lì per difendere la Sicilia da Tifeo, che in preda all’ira sputava fuoco dall’Etna. Orione era figlio del dio Poseidone e del padre umano Ireo. Secondo la leggenda un povero contadino, un giorno, ospitò a casa sua il dio, il quale grato per l’accoglienza gli disse di esprimere un desiderio che gli sarebbe stato concesso. Il contadino, in effetti, desiderava un figlio, ma non aveva una donna. Il dio rassicurandolo gli disse di coricarsi per nove mesi con una pelle di vacca, e di star certo che dopo sarebbe nato un bambino. Così fu che Ireo chiamò il bambino Orione. Orione, chiamato dunque da Zanclo, fortificò il porto, abbellì la città ed edificò un tempio in onore a suo padre Poseidone. Venne ucciso per errore da Artemide che, disperata, invocò l’aiuto del padre Zeus per riportarlo in vita. Ma Zeus non potè far nulla, in quanto la durata della vita era di pertinenza solo del Fato. Per non deludere, però, la figlia, lo trasformò in una costellazione e accanto pose il fedele cane Sirio, la Lepre simbolo della caccia e le Pleiadi di cui era perdutamente innamorato. In Sicilia nell’età dei metalli si stanziarono tre gruppi etnici: gli Elimi, i Sicani e i Siculi. Secondo lo storico Tucidide l’isola era popolata a occidente dagli Elimi, al centro da Sicani e nella parte orientale dai Siculi, popolo italico al quale si fa risalire la fondazione di DANKLE che significa falce, per la particolare forma della lingua di terra che si estende nel mare formando un sicuro porto naturale. A Messina si sono succedute diverse culture dagli inizi del Neolitico all’età del Ferro. Resti del Neolitico medio (5000 - 4000 a.C.) sono attestati nell’area del Palazzo della Cultura lungo il Torrente Boccetta. A Camaro sono stati ritrovati due idoletti “a violino” di ispirazione egeo-anatolica databili all’ Eneolitico medio (2880 - 2700 a.C.), importante testimonianza dei contatti con il Mediterraneo orientale. Numerose frequentazioni risalenti all’età del Bronzo (2200 - 1000 a.C.) sono state rinvenute nel centro cittadino fra via la Farina e via Cesare Battisti e sul Monte Tidora, nel tratto della catena dei Peloritani a sud-ovest della città, è stato rinvenuto un insediamento relativo all’età del Bronzo finale Prima età del Ferro (1000 - 740 a.C.) Secondo lo storico greco Tucidide, Zancle fu fondata intorno al 730 a.C. da un gruppo di coloni calcidesi provenienti da Cuma guidati da Periere e da un altro giunto direttamente da Calcide e dall’Eubea sotto la guida di Cratemene, attratti dalla sicurezza e dai vantaggi che offriva il posto naturale. Intorno al 494/3 a.C. vi si stabilizzò un nutrito gruppo di Sami e di Milesi che ben presto prese il potere della città, Qualche anno dopo Anassila, tiranno di Reggio, la conquistò cambiandone il nome in Messene in onore della regione greca di cui era originario. Distrutta nel 396 a.C. dai Cartaginesi di Amilcare, fu ricostruita ben presto grazie all’interessamento di Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, che la ripopolò con coloni provenienti da Locri e Messene. Resa libera da Timoleonte (342 a.C.) fu poi riconquistata da Agatocle (312 a.C.) Durante il periodo greco (730-264 a.C.) Messina si sviluppò nella zona falcata e nella parte antistante al porto, in un area compresa a nord dall’attuale Chiesa di S. Maria Alemanna, a sud fino al Torrente Zaera. Una grande necropoli di età classica ed ellenistica è segnalata nell’area degli Orti della Maddalena e lungo la via S. Marta. Gli unici edifici sacri attestati sono in via La Farina is. 2 e nell’estremità della zona falcata. Forse un santuario dedicato a Esculapio doveva esistere in prossimità del Duomo come risulta dalla scoperta di una statua ellenistica di Igea (ora al Museo di Messina) e di una base con dedica ad Esculapio e a Igea.Epigrafe in onore di Esculapio ed Igea Sec. II a.C. Messina, Museo Regionale.DICEARCO DA MESSINA (355-285 a.C.) Tondo posto nella facciata del palazzo di giustizia, Messina Filosofo, nato a Messina, abitò per molti anni ad Atene e fu discepolo di Aristotele. Ebbe l’incarico da Alessanfro Magno di trascrivere la costituzione delle duecento città greche da lui conquistate e fu anche incaricato di misurare l’altezza dei monti della Grecia, realizzando la prima opera di TRIGONOMETRIA E TOPOGRAFIA. Inoltre, Dicearco fu il primo ad ideare un sistema di assi ortogonali da inserire nelle carte geografiche, quello che in seguito sarebbe diventato il sistema di meridiani e paralleli. In “Itinerario intorno alla terra” descrisse il mondo allora conosciuto e nella “Vita della Grecia” la storia della civiltà ellenica, dalla mitologia all’età a lui contemporanea. Nel 288 a.C. la città fu occupata dai Mamertini, mercenari di Agatocle di stirpe iblica che, insediatisi con l’inganno, sterminarono tutti gli uomini della città e ne cambiarono il nome in Mamertina, in onore di Mamertos, il dio osco della guerra. I Mamertini entrati in lotta con Gerone II di Siracusa provocarono lo scoppio della prima guerra punica chiamando in aiuto i Romani e consegnando loro la città (264 a.C.) In premio, Messina, ribattezzata Messana, fu l’unico centro siciliano, insieme a Tauromenion e a Netum, a ottenere lo status di CIVITAS LIBERA ET FOEDERATA Diventata la principale base navale di Sesto Pompeo, che davanti alle sue acque ottenne una vittoria sulla flotta di Ottaviano, fu saccheggiata dopo la fuga di Pompeo, dalle truppe di Lepido. Probabilmente in età augustea diventò “municipio romano” e godette di immunità fiscale. Nel periodo romano (I - V sec. d.C.) la città era estesa dal torrente Boccetta alla via Tommaso Cannizzaro. Una necropoli monumentale era situata sotto la Prefettura, la Chiesa di S. Giovanni di Malta e la villa Mazzini. Messana diventò ricca e fiorente; furono edificati molti templi, stupendi palazzi e un grande arsenale che incrementò considerevolmente il commercio, facendo Gaetano Martino assumere alla città un’importanza strategica. Cicerone la definì CIVITAS MAXIMA ET LOCUPLETISSIMA. Nel 1987 nel cortile interno del palazzo del Comune, è stato rinvenuto un settore di un quartiere medievale risalente ai secoli XIII e XVI, sovrapposto a edifici monumentali di epoca imperiale romana, quali un porticato in laterizio e i resti di una cavea teatrale, ma solo una piccola parte delle testimonianze di età romana è stata messa in luce.Nell’anno 41 d.C San Paolo giunse a Messana per predicare la parola di Cristo. I messinesi molto colpiti dalle nuove e rivoluzionarie idee e avendo saputo da San Paolo che la madre di Gesù era ancora in vita, le inviarono una ambasceria per renderle omaggio. La madre di Gesù mandò in risposta una lettera scritta in ebraico, come è testimoniato da Flavio Lucio Destro nel “Chronicon Omnimodae Hisistoriae”, scritto nel 430 d.C., riferendosi a fatti accaduti a Messina nell’86. "Apud Messanenses celebris est memoria B. Virginis Mariae, missa ipsis ab aedem dulci epistola"
"Celebre è presso i messinesi la memoria della dolce epistola scritta dalla Beata Vergine Maria". Maria Vergine figlia di
Gioacchino, umilissima serva di Dio. Madre di Gesù Cristo Crocifisso, della tribù di Giuda, della stirpe di Davide, ai Messinesi tutti salute e benedizione di Dio Padre Onnipotente. Consta per pubblico strumento che voi ci avete mandato legati e nunzi e che già per le prediche di San Paolo Apostolo vi è nota la via della verità, e che il figlio nostro generato da Dio, si è fatto uomo, e dopo la sua resurrezione è salito al cielo. E perciò benediciamo Voi e la stessa Città, della quale vogliamo essere perpetua protettrice. L'anno di nostro figlio XLII ecc. in Gerusalemme. Maria Vergine La benedizione di Maria VOS ET IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS è iscritta nel bastione circolare del forte San Salvatore costruito nell’estremità della penisola di San Ranieri dopo il 1537 che dal 1934 accoglie la stele della Madonnina, opera dello scultore messinese T. Calabrò. Con la morte dell’imperatore Teodosio ( 395 d.C.) l’impero romano venne diviso fra i suoi due figli. Arcadio prese il trono dell’impero d’Oriente e il fratello Onorio quello d’Occidente. Nel 407 i Bulgari e gli Arcadi si rivoltarono contro l’imperatore Arcadio, il quale assediato dentro la città di Tessalonica, chiese aiuto a diverse città alleate senza, però, riuscire ad ottenere nessun sostegno. La città di Taranto, che si dichiarava disposta a soccorrere l’imperatore, inoltrò la richiesta di aiuto a Messina, perché la città possedeva un grande arsenale marittimo. Il Consiglio cittadino, lo stesso Stradigo Metrodoro e privati cittadini decisero di aiutare Arcadio; armarono, quindi, un notevole numero di navi e fecero rotta verso Tessalonica. Dopo una cruenta battaglia Metrodoro, al comando della spedizione, sbaragliò completamente il nemico, con grande stupore dello stesso imperatore che non si aspettava una vittoria così celere. Arcadio, sempre sostenuto da Metrodoro, si diresse alla volta di Costantinopoli cacciando definitivamente suo nipote Costanzo, figlio di Onorio, che si era asserragliato nel palazzo imperiale. La riconoscenza di Arcadio nei confronti di Messina fu immensa e per renderle omaggio le conferì moltissimi privilegi. I "privilegi” erano atti del sovrano che contenevano la concessione perpetua di prerogative. I privilegi di Arcadio, verosimilmente, sarebbero dei falsi inventati intorno al 1435, quando Messina e Palermo erano in contrasto in merito alla questione su quale delle due città dovesse essere la capitale della Sicilia. Arcadio dichiarò Messina città principale di tutto l’impero, onorandola del titolo di Protometropoli della Sicilia e della Magna Grecia e inoltre: nessuno poteva oltraggiare i messinesi, ma dovevano essere rispettati come la sua stessa persona; la nave capitana doveva avere sempre il primo posto in mezzo alle altre navi capitane dell’impero; Messina venne dichiarata Città Imperiale e fu consegnato a Metrodoro il Vessillo Imperiale. L'antica insegna mamertina del Castello a tre torri nere in campo verde fu sostituita con lo stemma della Croce d’oro in campo rosso, che è ancora lo stemma della Città. Inoltre, come perenne ringraziamento, fece scolpire, nel campanile di Santa Sofia a Costantinopoli, il motto “GRAN MERCE A MESSINA”, trasformato nei secoli in "GRAN MIRCI A MESSINA” (grazie assai a Messina!). Questo motto si può leggere sui cancelli d’ingresso di palazzo Zanca (Municipio).
http://www.gaetanomartino.it


http://www.gaetanomartino.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=72


Ultima modifica di Flavia Vizzari il Mar 14 Set 2010 - 16:45 - modificato 3 volte.
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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 14 Set 2010 - 8:23

Il VI quartiere è chiamato Mata e Grifone perché, secondo la leggenda, Camaro ha dato i natali alla "gilantissa" o gigantessa Mata, figura emblematica del folklore cittadino, fondatrice della città insieme allo sposo saraceno Grifone. In forza di questo mito, al quartiere è strettamente collegato il ferragosto messinese, per cui pochi giorni prima della festa dell'Assunta (il 15 agosto) i giganti Mata e Grifone vengono portati in corteo a Camaro Superiore, per poi tornare a Largo Minutoli in occasione del giorno della Vara.
Il quartiere ingloba l'area corrispondente all'incirca al vecchio letto del torrente o della "Flomaria de Cammaris". Comprende i villaggi di Camaro Superiore e Inferiore, di Camaro San Paolo, di Catarratti e di Bisconte (dove si trova Forte Petrazza) Dell'intero quartiere, la valle alta del Camaro rivestì in passato un'importanza strategica essendo, insieme a quella del torrente Giostra, un agevole asse viario per l'attraversamento dei monti Peloritani fino alla Piana di Milazzo.
Zona tra le più antiche della città, presenta più ipotesi sul nome. La tesi più accreditata è che Camaro derivi dal greco Kamar, vale a dire "casa dei morti" o "città dei morti".
Infatti la zona bassa del rione fu per secoli la necropoli della città. Altra ipotesi è che l'attuale denominazione scaturisca dall'unione dei nomi Cam e Rea, che indicherebbero rispettivamente il figlio di Noè e la Magna Grecia.
Secondo gli storici, i villaggi sulle alture si formarono quando la città bizantina si rifugiò sui monti, per difendersi dagli attacchi saraceni. Ma per la valle alta del Camaro il discorso è diverso. Qui, infatti, in contrada Luce sono stati trovati i reperti più antichi della città, gli idoletti neolitici a forma di violino.
Nella zona bassa del Camaro, invece, le acque del torrente, incrementate dal Catarratti, per secoli impedirono qualsiasi insediamento. Nel 1551, furono convogliate nel primo acquedotto cittadino e, da allora, iniziò il popolamento della zona bassa, corrispondente alla via Dromo Grande ove nacque il rione Ciaera o Zaera.

http://www.comune.messina.it/index.php?link=quartieri/06/storia.inc&VARMENU=circoscrizioni&idq=
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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 14 Set 2010 - 8:24

Nell'area di via Cesare Battisti affiorano i resti di una tomba d'età ellenistico-romana: è la prima del genere con epitymbion, ossia con monumentino esternoEccezionale ritrovamento a largo AvignoneL'archeologa Tigano: «Si tratta senz'altro del monumento funebre di un personaggio di rango»
Nuccio AnselmoUn altro tesoro ci viene restituito dalle macerie della città senza memoria. Dopo l'eccezionale ritrovamento delle tracce della cerimonia di fondazione della colonia greca, in uno scavo a Palazzo Colapesce nel febbraio scorso a ridosso della via La Farina, in questi giorni in un cantiere privato vicino largo Avignone, lungo la via Cesare Battisti, sta venendo alla luce una meravigliosa tomba d'età ellenistico-romana. Una scoperta d'eccezionale valenza archeologica. Messana rivive attraverso le "pietre della storia".La scoperta non deve stupire considerato che l'importanza archeologica di questa zona oggi intensamente urbanizzata, corrispondente all'area di sviluppo della grande necropoli di età ellenistico-romana lungo la strada che conduceva a Catania, si evidenziò fin dagli anni della ricostruzione post-terremoto.Fu Pietro Griffo, negli anni Trenta, a pubblicare i primi lotti di reperti fortunosamente recuperati durante i lavori di realizzazione della caserma Zuccarello, tra gli Orti della Maddalena e la Via S. Cecilia. Da allora è stato sempre un continuum di scoperte ogni volta che si è demolito e costruito. Basti pensare alle tombe a camera affiorate nell'area dell'isolato 73 e a Largo Avignone (una è stata di recente montata nei giardini del Museo Regionale, l'altra è ancora in situ sotto la scalinata, purtroppo non fruibile), e alle moltissime sepolture rinvenute durante gli anni Ottanta e Novanta, tutte seppellite all'interno di un deposito archeologico pluristratificato, frutto del naturale e progressivo accumulo dei depositi alluvionali delle fiumare Zaera e S. Marta. La necropoli crebbe quindi su se stessa e fu utilizzata per molti secoli, a partire dalla fine del V secolo a. C. (il livello più profondo) fino all'età imperiale romana (III-IV secolo d. C.).«Dopo le tombe monumentali rinvenute negli anni Settanta – spiega Gabriella Tigano, che dirige il Servizio archeologico della Soprintendenza –, è questa la prima sepoltura con epitymbion, ossia con monumentino esterno, in genere realizzato con blocchi sovrapposti a piramide, conformemente alla descrizione che ne fornisce Diodoro e a qualche esempio, molto mal conservato, rinvenuto anche a Messina, che è costituito da un basamento costruito con una serie di blocchi giustapposti, intonacati e decorati, sulla parte del prospetto con semicolonne scanalate».«Si tratta quindi senz'altro – prosegue l'archeologa –, del monumento di un personaggio di rango che trova paralleli puntuali nelle tombe monumentali della necropoli di Tripi. La sepoltura risale all'età ellenistica, ed è senza dubbio spia dell'esistenza di una classe media agiata alla quale in genere va riferita questa tipologia sepolcrale».Lo scavo è ancora in corso e potrebbe riservare clamorose sorprese. La cosa più importante, come sempre, è una soltanto: trovare la giusta soluzione per garantire la fruizione di questo tassello della nostra storia. E poiché sino a oggi le attività di scavo sono state finanziate dalla stessa società proprietaria del cantiere, il Servizio archeologico si sta attivando per chiedere alla Regione il rimborso delle somme impegnate dal privato per lo scavo e per i diritti di temporanea occupazione.

gazzetta del sud
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Messaggio  Ospite Mar 14 Set 2010 - 9:37

Molto interessante questo argomento "topic"...

Ma c'è quello sulla fontana dell'Orione che si legge male... almeno nel mio computer appaiono strani segni nelle parole apostrofate e altre...

Si possono aggiustare?


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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 14 Set 2010 - 15:52

nicolacomunale ha scritto:
Molto interessante questo argomento "topic"...

Ma c'è quello sulla fontana dell'Orione che si legge male... almeno nel mio computer appaiono strani segni nelle parole apostrofate e altre...

Si possono aggiustare?



si, si può :-) ... lo copio in Word e l'aggiusto ;o)
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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 14 Set 2010 - 16:46

FATTO! ;o)
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Messaggio  Ospite Mar 14 Set 2010 - 19:03

Molto interessante: più che una spiegazione sulla fontana dell'Orione, sembra un riassunto della storia (anche un poco mitica) della città di Messina, dalla sua fondazione alla dominazione bizantina...
Anche se l'ordine cronologico non sempre risulta chiaro Wink e manca qualche cenno alle fonti bibliografiche...
Perciò mi permetto di suggerire a coloro che ne vogliono sapere di più di leggersi il libro "Sommario della storia di Messina", scritto da Matilde Oddo Bonafede Wink


cheers cheers cheers cheers

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Messaggio  Flavia Vizzari Mar 14 Set 2010 - 19:10

nicolacomunale ha scritto:
Molto interessante: più che una spiegazione sulla fontana dell'Orione, sembra un riassunto della storia (anche un poco mitica) della città di Messina, dalla sua fondazione alla dominazione bizantina...
Anche se l'ordine cronologico non sempre risulta chiaro Wink e manca qualche cenno alle fonti bibliografiche...
Perciò mi permetto di suggerire a coloro che ne vogliono sapere di più di leggersi il libro "Sommario della storia di Messina", scritto da Matilde Oddo Bonafede Wink


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Parla anche dei corrispondenti siti con ritrovamenti archeologici?
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Messaggio  Ospite Gio 16 Set 2010 - 0:41

No, in questo libro non si parla dei recenti ritrovamenti archeologici, perché é stato scritto prima... Pero è interessante comprovare che alcune cose scritte anche da autori antichi possono avere un riscontro archeologico che documenta la verità asserita o la confuta... Wink

In effetti il libro è una copia anastatica di un testo scritto nel 1800... E l'autrice che non è propriamente una esperta di storia ha voluto dare una idea della storia di Messina di tipo popolare... "riscaldato da un vivo interesse di patriottica ammirazione per il passato e di nobile fede nell'avvenire"... Quest'ultima citazione è la chiave per capire il carattere di questo testo...

Le fonti utilizzate sono le classiche della storiografia messinese (Maurolico, Samperi, Reina, Gallo...) per cui affiorano alcune tesi, divenute nel tempo insostenibili... dopo le più recenti acquisizioni di storici e ricercatori quali Amari, Beloch, Holm, Lenomard, Orsi, Pais, Tropea...

Quindi la lettura è senz'altro interessante per conoscere la storia di Messina, però certe idee vanno prese con le pinze e rivisitate in altri testi più attendibili...

Dal punto di vista popolare comunque è un buon punto di partenza... Cioè, è meglio che i messinesi leggano questo libro, che non sapere niente di Messina... per intenderci Wink

Considero peraltro interessante tenere in conto ciò che sta scritto all'inizio della prefazione: "Il cittadino che non conosce i fatti, almeno più importanti, della sua città, è come uno di quei poveri disgraziati che non sanno chi sono stati i loro genitori e che ne ignorano i nomi, i costumi, la vita...
Nei paesi retti a libertà di studio della storia, tale studio è stimato molto educativo, perché quanto meglio si conoscono gli avvenimenti della propria città, tanto più la si ama e si sente verso di essa affetto e riverenza filiale..."
Con le conseguenze che questi sentimenti implicherebbero in favore di una ripresa civile, urbanistica, monumentale, estetica ed economica... per Messina Wink

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Messaggio  Flavia Vizzari Gio 16 Set 2010 - 15:46

nicolacomunale ha scritto:
Molto interessante: più che una spiegazione sulla fontana dell'Orione, sembra un riassunto della storia (anche un poco mitica) della città di Messina, dalla sua fondazione alla dominazione bizantina...
Anche se l'ordine cronologico non sempre risulta chiaro Wink e manca qualche cenno alle fonti bibliografiche...
Perciò mi permetto di suggerire a coloro che ne vogliono sapere di più di leggersi il libro "Sommario della storia di Messina", scritto da Matilde Oddo Bonafede Wink


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Messaggio  Admin Gio 8 Dic 2011 - 18:20






http://www.gazzettadelsud.it/NotiziaArchivio.aspx?art=167801&Edizione=13&A=20111203

È emersa una necropoli preistorica Risale all'Età del Bronzo, con le classiche sepolture dentro i contenitori fittili

Nuccio Anselmo
Dopo la fornace c'era altro. Da un paio di settimane c'è infatti di nuovo fermento al cantiere edile di via Bonino degli ex Molini Gazzi. Con gli operai messi a disposizione dalla ditta costruttrice gli archeologi della Soprintendenza coordinati dal dirigente dell'Unità X, Gabriella Tigano, stanno concretizzando un'altra clamorosa scoperta in un lotto edile della vasta area.
È già emersa infatti la prima parte di una necropoli preistorica risalente all'antica età del bronzo, con le classiche sepolture dentro i contenitori fittili e le strutture di tipo rituale di quel tempo, vale a dire il cosiddetto "circolo di pietre".
Tutti ritrovamenti che vengono definiti dagli esperti della Soprintendenza ben confrontabili con manufatti analoghi già rinvenuti in altri cantieri edili di Messina nei decenni passati, per esempio durante gli scavi sotto l'area che oggi ospita il Palacultura, lungo il torrente Boccetta, oppure alla Casa dello Studente.
Secondo la Soprintendenza si tratta di un'area che riveste un importante interesse archeologico. Quindi sarà necessario scavare ancora per far emergere per intero la struttura e portare alla luce le altre sepolture. Una nuova testimonianza del nostro passato che si aggiunge alle tante già emerse in città, anche dell'epoca preistorica. Ci sarà da studiare ancora.
Nelle scorse settimane sempre gli archeologi della Soprintendenza nella stessa area avevano documentato una interessante struttura che era casualmente affiorata nel cantiere, al di sotto delle fondazioni di un fabbricato demolito.
In quel caso si trattava della parte residua di un impianto destinato alla lavorazione del metallo del quale si conservano i condotti di scolo e alcuni forni. L'impianto, a giudicare dalla tecnica muraria e dai leganti utilizzati nelle murature risale ad epoca piuttosto recente, quindi tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Dagli scarti rinvenuti pare che la struttura fosse destinata alla lavorazione della ghisa, una lega prodotta per riduzione dei minerali di ferro all'altoforno, spesso destinata alla produzione dell'acciaio.


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