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Luigi De Giovanni
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FORUM - SEMINARIO di ARTE e POESIA - LINGUA SICILIANA :: SEMINARIO ARTE e POESIA :: Dizionario Virtuale :: Dizionario Virtuale dei Pittori
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Re: Luigi De Giovanni
Luigi De Giovanni, dopo le mostre tenute a ottobre 2010 a
Lecce, Lucugnano e Specchia, riguardanti il Salento, sua
terra d’origine, presenta i suoi quadri, che prendono in
considerazione la Barbagia di Seulo in Sardegna, sua terra
d’adozione, a Cagliari.
Gli aspri territori della Barbagia di Seulo dai clivi
boscosi, dai colori addolciti da un ambiente, anche umano,
naturalmente accogliente, sono afflato delle sue opere che
da questi luoghi è partito per dipingere paesaggi che
conservassero la spiritualità del territorio.
Nella mostra, che verrà inaugurata il 4 dicembre alla
galleria “La Bacheca”, ci saranno opere realizzate a
Taccorì, Perdascinonpesada, Perdabila e dalla casa di
Giorgio e Maria a Genneserra. Località di Seulo, che con i
loro climi, sono state capaci di interloquire con l’animo
dell’artista, sino a creare quel pathos leggibile nelle
tele.
Nel concento di colori, nei segni, alcune volte bruschi, che
seguono i profili sino a prenderne il messaggio del tempo,
si trova l’artista con le sue angosce, le sue gioie, il
suo modo di percepire la natura e la società.
I dipinti, dove le ombrose foreste dalle tinte digradanti
sono scaldate da un contrasto d’estiva erba secca, dove
gli scorci, che vanno di monte in monte, vengono interrotti
dalla vegetazione più vicina che si presenta in grovigli
d’arbusti, di foglie, di realtà prossima che lascia
spazio all’immaginazione e alla scoperta di piccoli mondi,
sintesi dell’immenso, suggeriscono una ricerca di vita
coerente con la natura, dove tutto è armonia.
Le pennellate di rocce, in alcune parti levigate dal tempo
in altre rese appuntite dall’azione delle intemperie,
originano palcoscenici di meditati cromatismi riflessi sulle
tele: diventate maestosi specchi di questo meraviglioso
angolo di Sardegna.
I tacchi, dalla bassa vegetazione, che precipitano in pareti
verticali che danno asilo a delle grandi varietà
faunistiche e a un’incantevole vegetazione di lecci e
macchia mediterranea, s’intuiscono negli orizzonti, spesso
rosati. C’è una sensazione di vertiginosa
compenetrazione che fa avvertire il baratro: minaccia
incombente del vivere e inconscia paura dell’ignoto.
I boschi, che scendono nelle valli e nei burroni sino ai
greti dei fiumi e dei tanti torrenti, sono diventati
tavolozza dove un sapiente pennello ha attinto tracce di
toni e di linee, solo alcune volte demarcate in modo netto,
che hanno segnato magicamente un misterioso dialogo con la
natura.
I paesaggi dell’animo di De Giovanni prendono forma
portando il messaggio dei luoghi: il genius loci.
I pensieri dell’artista s’intuiscono nelle poesie delle
tecniche a olio e ad acquerello ma diventano narrazione
liberatoria nelle aggressive e disincantate tecniche miste,
dove utilizza simbolici indumenti usati e materiali di
rifiuto.
Le delusioni di chi sperò in una società più giusta
sono impresse nei quadri di scalate sociali e con l’urlo
dei Jeans che mostrano i sogni del sessantotto, tradito.
Ecco le lacerazioni, i gridi di aiuto, la ricerca di
libertà, il ripetersi ossessivo di “1968”, che
denunciano i tradimenti, gli arrampicamenti di scale
metaforiche per arrivare al potere. In queste opere, dalle
tinte forti e dalle poche linee date da violente scudisciate
cromatiche che lasciano sulla tela dei solchi dolorosi e
profondi, racconti di angosce e speranze, si avverte la
delusione di un sognatore che non riesce ad accettare le
ingiustizie, la prepotenza, la non coerenza con la natura.
Il tempo è passato smorzando la forza dei sogni del 1968 e
lasciando tracce di ceneri ancora bollenti.
Questa mostra diventa anche un dialogo fra le terre che lui
ama.
E’, quindi, importante che questa, si faccia dopo,
“paesaggiooltrepaesaggio” LECCE/LUCUGNANO/SPECCHIA, un
ciclo di esposizioni, presentate da Maurizio Nocera.
Diventate un modo per far conoscere il mondo dell’artista
che, partendo dal paesaggio del Salento, terra d’origine,
dal paesaggio enigmatico della Sardegna, terra che l’ha
accolto nel suo peregrinare alla ricerca di una pace che
può trovare solo in se stesso, indagando i fiori, nature
morte che raccontano la vita, si è soffermato sui jeans,
indumenti assorti a simbolo di una rivoluzione non solo di
costume, ha presentato il suo modo d’intendere l’arte.
Federica Murgia
Lecce, Lucugnano e Specchia, riguardanti il Salento, sua
terra d’origine, presenta i suoi quadri, che prendono in
considerazione la Barbagia di Seulo in Sardegna, sua terra
d’adozione, a Cagliari.
Gli aspri territori della Barbagia di Seulo dai clivi
boscosi, dai colori addolciti da un ambiente, anche umano,
naturalmente accogliente, sono afflato delle sue opere che
da questi luoghi è partito per dipingere paesaggi che
conservassero la spiritualità del territorio.
Nella mostra, che verrà inaugurata il 4 dicembre alla
galleria “La Bacheca”, ci saranno opere realizzate a
Taccorì, Perdascinonpesada, Perdabila e dalla casa di
Giorgio e Maria a Genneserra. Località di Seulo, che con i
loro climi, sono state capaci di interloquire con l’animo
dell’artista, sino a creare quel pathos leggibile nelle
tele.
Nel concento di colori, nei segni, alcune volte bruschi, che
seguono i profili sino a prenderne il messaggio del tempo,
si trova l’artista con le sue angosce, le sue gioie, il
suo modo di percepire la natura e la società.
I dipinti, dove le ombrose foreste dalle tinte digradanti
sono scaldate da un contrasto d’estiva erba secca, dove
gli scorci, che vanno di monte in monte, vengono interrotti
dalla vegetazione più vicina che si presenta in grovigli
d’arbusti, di foglie, di realtà prossima che lascia
spazio all’immaginazione e alla scoperta di piccoli mondi,
sintesi dell’immenso, suggeriscono una ricerca di vita
coerente con la natura, dove tutto è armonia.
Le pennellate di rocce, in alcune parti levigate dal tempo
in altre rese appuntite dall’azione delle intemperie,
originano palcoscenici di meditati cromatismi riflessi sulle
tele: diventate maestosi specchi di questo meraviglioso
angolo di Sardegna.
I tacchi, dalla bassa vegetazione, che precipitano in pareti
verticali che danno asilo a delle grandi varietà
faunistiche e a un’incantevole vegetazione di lecci e
macchia mediterranea, s’intuiscono negli orizzonti, spesso
rosati. C’è una sensazione di vertiginosa
compenetrazione che fa avvertire il baratro: minaccia
incombente del vivere e inconscia paura dell’ignoto.
I boschi, che scendono nelle valli e nei burroni sino ai
greti dei fiumi e dei tanti torrenti, sono diventati
tavolozza dove un sapiente pennello ha attinto tracce di
toni e di linee, solo alcune volte demarcate in modo netto,
che hanno segnato magicamente un misterioso dialogo con la
natura.
I paesaggi dell’animo di De Giovanni prendono forma
portando il messaggio dei luoghi: il genius loci.
I pensieri dell’artista s’intuiscono nelle poesie delle
tecniche a olio e ad acquerello ma diventano narrazione
liberatoria nelle aggressive e disincantate tecniche miste,
dove utilizza simbolici indumenti usati e materiali di
rifiuto.
Le delusioni di chi sperò in una società più giusta
sono impresse nei quadri di scalate sociali e con l’urlo
dei Jeans che mostrano i sogni del sessantotto, tradito.
Ecco le lacerazioni, i gridi di aiuto, la ricerca di
libertà, il ripetersi ossessivo di “1968”, che
denunciano i tradimenti, gli arrampicamenti di scale
metaforiche per arrivare al potere. In queste opere, dalle
tinte forti e dalle poche linee date da violente scudisciate
cromatiche che lasciano sulla tela dei solchi dolorosi e
profondi, racconti di angosce e speranze, si avverte la
delusione di un sognatore che non riesce ad accettare le
ingiustizie, la prepotenza, la non coerenza con la natura.
Il tempo è passato smorzando la forza dei sogni del 1968 e
lasciando tracce di ceneri ancora bollenti.
Questa mostra diventa anche un dialogo fra le terre che lui
ama.
E’, quindi, importante che questa, si faccia dopo,
“paesaggiooltrepaesaggio” LECCE/LUCUGNANO/SPECCHIA, un
ciclo di esposizioni, presentate da Maurizio Nocera.
Diventate un modo per far conoscere il mondo dell’artista
che, partendo dal paesaggio del Salento, terra d’origine,
dal paesaggio enigmatico della Sardegna, terra che l’ha
accolto nel suo peregrinare alla ricerca di una pace che
può trovare solo in se stesso, indagando i fiori, nature
morte che raccontano la vita, si è soffermato sui jeans,
indumenti assorti a simbolo di una rivoluzione non solo di
costume, ha presentato il suo modo d’intendere l’arte.
Federica Murgia
Re: Luigi De Giovanni
Luigi De Giovanni
Opere per raccontare il tempo
6 agosto / 3 settembre 2011
Inaugurazione: sabato 6 agosto - ore 19.00
Studio “Sutta Le Capanne Du Ripa”
Specchia LECCE
La personale di Luigi De Giovanni è organizzata da
Il Raggio Verde edizioni ed eventi d’arte
info: 339.4038939
www.ilraggioverdesrl.it
info@ilraggioverdesrl.it
http://www.degiovanniluigi.com/
Opere per raccontare il tempo
Oggetti che segnano il tempo nelle tracce del loro uso,
nella storia della tecnologia e dell’arte. Primordiali e
dell’ultima generazione si confrontano, nelle opere
recenti di Luigi De Giovanni, in un dialogo di continuità
e di pari dignità. Pinze, tenaglie e forbici, leve del
progresso, si riflettono nell’iPad e nei televisori al
plasma colorandosi di funzionalità mai superate.
L’umiltà e la semplicità dell’utilizzo dei primi
diventa continuità nello sviluppo dei secondi: segnando
l’evoluzione.
E’ partendo da questo che l’artista fa un’analisi del
suo uso degli strumenti classici della pittura per narrare
di oggetti che descrivono del mondo di oggi e di quello di
ieri. Afferma che l’arte è una ed è legata sia alla
competenza tecnica sia alla ideazione creativa, anche nelle
rappresentazioni digitali, performative, nonché nelle
installazioni. Ecco perché lui non disdegna le moderne
espressioni, anzi le riconosce come proprie, soprattutto, in
momenti che richiedono, per i suoi discorsi, la
partecipazione di molte persone per arrivare, quando è per
lui necessario, a performance e installazioni, che diventano
racconti o denunce.
Nel mondo dell’artista la pittura è basilare; è nei
paesaggi, nelle figure, nelle nature morte o meglio
“vive” di fiori recisi o nell’informale con uso di
jeans (presenti anche in questa mostra come supporto delle
sue descrizioni), che ha significato il suo narrare
interiore del tempo che passa. Le opere “Dalle leve
all’iPad” rappresentano il discorso dell’oggi, dove
l’uomo, in una follia totale, tende a negare il passato
come superato e inutile per affermare un presente senza
radici ma di apparenze.
Francesca Paba
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