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Ddummanne a l'acquarule se l'acqu'è fréscijche
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FORUM - SEMINARIO di ARTE e POESIA - LINGUA SICILIANA :: SEMINARIO ARTE e POESIA :: Dizionario Virtuale :: Biblioteca del Forum
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Re: Ddummanne a l'acquarule se l'acqu'è fréscijche
PRESENTAZIONE di Alfonso Chiaromonte
Sono particolarmente lieto di presentare un nuovo lavoro che riguarda Poggio Imperiale. È un nuovo interessante tassello che si aggiunge agli altri che già danno lustro al nostro Paese.
Mi ha dato l’opportunità l’amico Lorenzo Bove con il suo Lavoro: Ddummànn’a l’acquarúle se l’acqu’è frésceke. Detti, motti, proverbi, e modi di dire Tarnuíse.
Ancora il dialetto, la lingua viva del posto, che è la prima testimonianza di vita e realtà; è l’espressione totale del concreto mondo della tradizione popolare. Il dialetto dà tono, ombra e luce alle cose e ai fatti, ai pensieri e alle speranze. Immedesima l’uomo con le cose del mondo e scrive l’azione del singolo nella realtà e la trascrive nella coscienza individuale e in quella collettiva.
I detti, i motti, i proverbi, i riti, gli scongiuri… sono esperienze vissute, temi fondamentali della vita umana e perciò profondamente veri. Temi che unificano con la loro persistenza e continuità i momenti della storia ed al tempo stesso ne segnano e sollecitano la marcia verso più ampie conquiste.
Lorenzo scrive nella sua introduzione che ha iniziato, quasi per gioco, a prendere nota dei vecchi modi di dire del paese di origine, e, prendendo nota di tutto quello che sentiva dai nonni, da persone comunque anziane che ascoltava, è arrivato alla stesura di un testo.
I detti, motti, proverbi e modi di dire tarnuíse rappresentano un patrimonio da non disperdere, ma da salvaguardare, per offrire il modo alle nuove generazioni di poter risalire alle proprie radici e conoscere il proprio retroterra culturale.
Ddummànn’a l’acquarúle se l’acqu’è frésceke riprende il linguaggio comune, preso direttamente dal popolo, che è sparito nella parlata dei giovani e che Lorenzo ripresenta a tutti i poggioimperialesi, ma soprattutto alle nuove generazioni.
Bene ha fatto Lorenzo a porre accanto al detto, per la sua comprensione, la traduzione alla lettera e il significato che emerge sempre da un contesto della vita nel suo molteplice manifestarsi.
I detti ricavati da esperienze vissute hanno realmente caratterizzato la vita del passato, raccolgono e rappresentano le sue sfaccettature come l’operosità, l’ospitalità, la riconoscenza, la lealtà, l’umiltà… ma anche l’egoismo, la furbizia, la sopraffazione.
Molti di questi detti ricordano gli sfruttamenti, gli odi, le persecuzioni degli agenti fiscali, le giornate lavorative mal retribuite. Lorenzo Bove li ha raccolti e li ha riproposti nel suo lavoro così come venivano ripetuti dai nonni accanto al camino o accanto al braciere, come venivano raccontati nelle botteghe, dai contadini, dalle persone anziane. Rappresentano la testimonianza di una realtà tarnuése, vissuta in un periodo di scarsissimo sviluppo economico in cui non si era abituati alla vita comoda, ma agli stenti e ai sacrifici, e Lorenzo li ha saputi raccogliere dalla viva voce di chi li conservava nel suo animo, quale geloso custode di un tempo di ristrettezze economiche.
Mi sono divertito parecchio a leggere motti e proverbi e mi sono tornati alla mente gli anni della mia infanzia e della mia giovinezza, quando era ricorrente ascoltarli dalle persone che ormai non ci sono più.
Mi piace anticipare qualcuno per solleticare la curiosità e stimolare alla lettura del testo.
Menà p’u musse. Si dice quando si rinfaccia qualcosa alle persone o si spiattella ai quattro venti il bene o un favore fatto. Chi méne p’u musse è la persona che si crede degna di lode e di ringraziamento per tutto quello che fa.
Oppure Ngrekkà a kóde. Ngrikk’a kóde chi si monta la testa, si dà troppe arie, o sta sulle sue e fa il sostenuto.
Parene krikk’e kròkke si dice per indicare due persone strane e buffe… si vuole ridere di loro.
Ce vò pegljà a pezzekate, riferito a chi punzecchia e prende in giro persone ingenue e sprovvedute.
E che dire di Parle sule quanne pisce a jallíne. Il sapientone che fa zittire chi non conta e che può parlare solo quando la gallina fa pipì, in altre parole mai.
Nel lavoro di Lorenzo si può leggere anche una raccolta importante e significativa di proverbi, che rappresentano la religiosità, l’operosità morale, la saggezza popolare.
Sono grande lezione di vita i proverbi!
Fa ‘bbèn’e scurdete, fa mal’e pinzece. Fai del bene e dimenticalo, fai del male e pensaci. È la legge morale che ci addita la via del bene, senza aspettarsi ricompense, così come riporta il vangelo di Matteo, (5, 7 e 6, 3): “Beati i misericordiosi… e “Non sappia la mano sinistra quello che fa la mano destra”. Dare sollievo a chi soffre e porgere la mano amica a chi ha bisogno, fa riempire l’animo di gioia e serenità.
U vóve ka dice kernut’a u ciucce. Come per dire che si vede la pagliuzza nell’occhio degli altri e non la trave nel proprio, cioè si vedono i difetti degli altri e non i propri.
Vianòve vianòve, ki lass’a strada vècchje p’a nòve, sàpe quille ka lasse e nzàpe quélle ka tròve. La prudenza non è mai troppa, non si deve lasciare il certo per l’incerto.
U médeke piètóse fa a piaghe vermenóse. Si incita ad avere coraggio ed a prendere decisioni anche in situazioni difficili.
U kannarine jè stritte e ce ‘gnótt’a kase ke tutt’u titte. È un motivo a saper amministrare i propri beni per non restare ócchje chije e màne vakànde cioè senza niente.
I proverbi ovunque hanno rappresentato e rappresentano quadretti di vita, ora simbolici, ora reali, ora bonari ed ora mordaci… Essi sono immagini di una società, sono pillole di saggezza, perle preziose coltivate dagli uomini, conservate e tramandate. Riflettono voci popolari liete e dolorose, a volte serie e a volte argute, ma alla fine sono sempre cariche di insegnamenti.
Queste genuine espressioni dell’anima popolare hanno spinto Lorenzo Bove a riproporle alle nuove generazioni, per ricordarle e custodirle prima che il tempo implacabile le demolisse.
Il libro ‘Ddumman’a l’acquarúle se l’acqu’è frésceke arricchisce il patrimonio delle conoscenze del nostro paese e si aggiunge alle altre opere che così bene lo hanno esaltato.
Alfonso Chiaromonte
Sono particolarmente lieto di presentare un nuovo lavoro che riguarda Poggio Imperiale. È un nuovo interessante tassello che si aggiunge agli altri che già danno lustro al nostro Paese.
Mi ha dato l’opportunità l’amico Lorenzo Bove con il suo Lavoro: Ddummànn’a l’acquarúle se l’acqu’è frésceke. Detti, motti, proverbi, e modi di dire Tarnuíse.
Ancora il dialetto, la lingua viva del posto, che è la prima testimonianza di vita e realtà; è l’espressione totale del concreto mondo della tradizione popolare. Il dialetto dà tono, ombra e luce alle cose e ai fatti, ai pensieri e alle speranze. Immedesima l’uomo con le cose del mondo e scrive l’azione del singolo nella realtà e la trascrive nella coscienza individuale e in quella collettiva.
I detti, i motti, i proverbi, i riti, gli scongiuri… sono esperienze vissute, temi fondamentali della vita umana e perciò profondamente veri. Temi che unificano con la loro persistenza e continuità i momenti della storia ed al tempo stesso ne segnano e sollecitano la marcia verso più ampie conquiste.
Lorenzo scrive nella sua introduzione che ha iniziato, quasi per gioco, a prendere nota dei vecchi modi di dire del paese di origine, e, prendendo nota di tutto quello che sentiva dai nonni, da persone comunque anziane che ascoltava, è arrivato alla stesura di un testo.
I detti, motti, proverbi e modi di dire tarnuíse rappresentano un patrimonio da non disperdere, ma da salvaguardare, per offrire il modo alle nuove generazioni di poter risalire alle proprie radici e conoscere il proprio retroterra culturale.
Ddummànn’a l’acquarúle se l’acqu’è frésceke riprende il linguaggio comune, preso direttamente dal popolo, che è sparito nella parlata dei giovani e che Lorenzo ripresenta a tutti i poggioimperialesi, ma soprattutto alle nuove generazioni.
Bene ha fatto Lorenzo a porre accanto al detto, per la sua comprensione, la traduzione alla lettera e il significato che emerge sempre da un contesto della vita nel suo molteplice manifestarsi.
I detti ricavati da esperienze vissute hanno realmente caratterizzato la vita del passato, raccolgono e rappresentano le sue sfaccettature come l’operosità, l’ospitalità, la riconoscenza, la lealtà, l’umiltà… ma anche l’egoismo, la furbizia, la sopraffazione.
Molti di questi detti ricordano gli sfruttamenti, gli odi, le persecuzioni degli agenti fiscali, le giornate lavorative mal retribuite. Lorenzo Bove li ha raccolti e li ha riproposti nel suo lavoro così come venivano ripetuti dai nonni accanto al camino o accanto al braciere, come venivano raccontati nelle botteghe, dai contadini, dalle persone anziane. Rappresentano la testimonianza di una realtà tarnuése, vissuta in un periodo di scarsissimo sviluppo economico in cui non si era abituati alla vita comoda, ma agli stenti e ai sacrifici, e Lorenzo li ha saputi raccogliere dalla viva voce di chi li conservava nel suo animo, quale geloso custode di un tempo di ristrettezze economiche.
Mi sono divertito parecchio a leggere motti e proverbi e mi sono tornati alla mente gli anni della mia infanzia e della mia giovinezza, quando era ricorrente ascoltarli dalle persone che ormai non ci sono più.
Mi piace anticipare qualcuno per solleticare la curiosità e stimolare alla lettura del testo.
Menà p’u musse. Si dice quando si rinfaccia qualcosa alle persone o si spiattella ai quattro venti il bene o un favore fatto. Chi méne p’u musse è la persona che si crede degna di lode e di ringraziamento per tutto quello che fa.
Oppure Ngrekkà a kóde. Ngrikk’a kóde chi si monta la testa, si dà troppe arie, o sta sulle sue e fa il sostenuto.
Parene krikk’e kròkke si dice per indicare due persone strane e buffe… si vuole ridere di loro.
Ce vò pegljà a pezzekate, riferito a chi punzecchia e prende in giro persone ingenue e sprovvedute.
E che dire di Parle sule quanne pisce a jallíne. Il sapientone che fa zittire chi non conta e che può parlare solo quando la gallina fa pipì, in altre parole mai.
Nel lavoro di Lorenzo si può leggere anche una raccolta importante e significativa di proverbi, che rappresentano la religiosità, l’operosità morale, la saggezza popolare.
Sono grande lezione di vita i proverbi!
Fa ‘bbèn’e scurdete, fa mal’e pinzece. Fai del bene e dimenticalo, fai del male e pensaci. È la legge morale che ci addita la via del bene, senza aspettarsi ricompense, così come riporta il vangelo di Matteo, (5, 7 e 6, 3): “Beati i misericordiosi… e “Non sappia la mano sinistra quello che fa la mano destra”. Dare sollievo a chi soffre e porgere la mano amica a chi ha bisogno, fa riempire l’animo di gioia e serenità.
U vóve ka dice kernut’a u ciucce. Come per dire che si vede la pagliuzza nell’occhio degli altri e non la trave nel proprio, cioè si vedono i difetti degli altri e non i propri.
Vianòve vianòve, ki lass’a strada vècchje p’a nòve, sàpe quille ka lasse e nzàpe quélle ka tròve. La prudenza non è mai troppa, non si deve lasciare il certo per l’incerto.
U médeke piètóse fa a piaghe vermenóse. Si incita ad avere coraggio ed a prendere decisioni anche in situazioni difficili.
U kannarine jè stritte e ce ‘gnótt’a kase ke tutt’u titte. È un motivo a saper amministrare i propri beni per non restare ócchje chije e màne vakànde cioè senza niente.
I proverbi ovunque hanno rappresentato e rappresentano quadretti di vita, ora simbolici, ora reali, ora bonari ed ora mordaci… Essi sono immagini di una società, sono pillole di saggezza, perle preziose coltivate dagli uomini, conservate e tramandate. Riflettono voci popolari liete e dolorose, a volte serie e a volte argute, ma alla fine sono sempre cariche di insegnamenti.
Queste genuine espressioni dell’anima popolare hanno spinto Lorenzo Bove a riproporle alle nuove generazioni, per ricordarle e custodirle prima che il tempo implacabile le demolisse.
Il libro ‘Ddumman’a l’acquarúle se l’acqu’è frésceke arricchisce il patrimonio delle conoscenze del nostro paese e si aggiunge alle altre opere che così bene lo hanno esaltato.
Alfonso Chiaromonte
Re: Ddummanne a l'acquarule se l'acqu'è fréscijche
Ultima modifica di Alfonso Chiaromonte il Sab 4 Ott 2008 - 11:03 - modificato 1 volta.
Re: Ddummanne a l'acquarule se l'acqu'è fréscijche
per richiedere il libro : info@edizionidelpoggio.it
Re: Ddummanne a l'acquarule se l'acqu'è fréscijche
Per richiedere il libro basta rivilgersi all'edizioni del poggio.
Può darsi pure che te ne invia una copia di questo libro e quello di mio fratello.
Può darsi pure che te ne invia una copia di questo libro e quello di mio fratello.
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